di Rosita Copioli

Esce Il tempo di scordare”, sesto libro di poesie di Sergio Zavoli (Rizzoli, prefazione di Walter Veltroni, profilo biografico di Giorgio Giovannetti), a distanza di un anno dalla sua morte, avvenuta nella notte tra il 4 e il 5 agosto 2020. Nel gennaio scorso, per Vita e pensiero, era uscito un suo altro libro: Prima dei fatti. Un diario in pubblico”, la raccolta delle sue rubriche apparse sulla prima pagina di «Avvenire» negli ultimi mesi del 2015, con introduzione di Marco Tarquinio, prefazione di Gianfranco Ravasi e postfazione mia.

Vorrei aggiungere qualche nota dello stesso Zavoli, poco conosciuta, al suo ricordo. Tutti lo riconoscono come il più grande giornalista radio-televisivo italiano, ma non molti sanno che fino quasi all’ultimo, attraverso il ruolo di Presidente della Commissione per la Biblioteca del Senato (2013-2017), organizzò convegni di studio che idealmente continuavano le sue stesse inchieste sui temi più urgenti e profondi. Uno dei più insistenti riguardava l’educazione, una riforma della scuola.

SERGIO ZAVOLI

In uno degli ultimi discorsi, pronunciato al Senato il 22 luglio 2015, in previsione della legge sulla riforma della Rai che sarebbe stata promulgata nel dicembre, non poteva disgiungere la corretta informazione dalla buona comunicazione e dalle loro forme educative. Pensava a quanto aveva fatto lui stesso, all’uscita dalla guerra, e temeva sia i toni populistici dei talk-show, sia l’intrattenimento del dolorificio e della spettacolarizzazione del “male di vivere”, sia il moltiplicarsi di cuochi e volteggiar di padelle in tempi di crisi, che certo non aiutano a corroborare l’«energia volitiva» dei giovani. Quell’energia che sostiene la volontà di costruzione dei giovani, sta «facendosi sempre più debole; e ciò accade da quando, con il massimo di imprevidenza, sono stati spossessati delle prime logiche dell’apprendimento, cioè dell’analisi, del giudizio e della scelta, facendone una realtà ininfluente dal punto di vista sociale e vincendo, su tutto, la realtà che appare, cioè la sua rappresentazione. Un’altra riforma, quella della scuola, potrà far molto in proposito. È ciò che rese clamorosa la rivoluzione culturale prodotta dalla televisione. Quanto ad oggi, andrà evitato il rischio di promuovere una diversa mitologia, quella di credere che la rivoluzione tecnologica sia il sinonimo di una rivoluzione dei rapporti sociali, considerando che la comunicazione è, dopotutto, una pratica sociale».

Per Zavoli, in qualunque forma si tratti di considerare il problema dell’informare, nel modo vero e giusto di comunicare l’informazione, si profila quello che riguarda l’educazione al pensare. Il pensiero “educato” viene prima di ogni altra necessità. Zavoli sapeva come sia profondamente connesso allo stare al mondo e al rispettarlo, al rapporto civile tra gli uomini, che invece rimbalza sempre in conflitto, come lo stesso rapporto con il mondo.

Sergio Zavoli con Federico Fellini e Walter-Ceccaroni – Presentazione-del-libro-La-mia-Rimini-al-Grand-Hotel-16-marzo-1968

Dalle origini, credendo nell’immaginazione come nella forma più alta del pensare – lo amava ripetere seguendo Fellini – ha un estremo bisogno di ricorrervi. Si affida all’immaginazione, si fida di lei, per inventare qualunque soluzione, anche temeraria – temerario è per lui un concetto ricorrente – oppure, la fruga e l’accende, per rivedere qualunque rapporto umano da riannodare. La poesia, con le sue parole metamorfiche e sapienti, è la grande risorsa dell’immaginazione. È la scintilla primordiale che sta tra l’accensione del fuoco e la Divina Commedia: lo strumento nascosto che sostiene dal profondo ogni bisogno di nutrimento, fisico e psichico, spirituale, e del pensiero. Attraverso la poesia, Zavoli ne porterà dovunque il frutto sempre germogliante dell’immaginazione e della parola che lega gli esseri umani.

La vita di Sergio Zavoli è stata ricchissima, lunga e complessa, e attende di essere portata alla luce, sebbene ci sembri di conoscere tutto del personaggio pubblico, e dell’amico. Ci sono gli esordi del dopoguerra con l’invenzione del futuro Publiphono nella piazza di Rimini semidistrutta; la folgorante carriera a Roma con Vittorio Veltroni: prima con le radiocronache delle partite, poi con i reportage da ogni luogo o evento (Africa e Polesine, Budapest e Sinai e Romagna e Bologna…); i documentari radio, inusuali e di grande fascino, come lo straordinario Clausura del 1957: un successo planetario che fece epoca; il popolarissimo Processo alla tappa; il GR1; le inchieste più approfondite sui massimi temi d’attualità, insieme ai dialoghi con i protagonisti del tempo, da Fellini a Schweitzer a Von Braun: e i tanti, famosi libri conseguenti, tra cui Diario di un cronista (2002) si distingue come summa d’incontri e interessi; l’insuperabile Notte della Repubblica – diciotto puntate di quarantacinque ore totali, dal 12 dicembre 1989 all’11 aprile 1990, per «la più ampia e puntuale ricostruzione televisiva sull’Italia delle eversioni, delle stragi, della contestazione e del terrorismo»; la Presidenza della Rai; il Senato per passione politica e civile, e gli ultimi anni a presiederne la Commissione per la Biblioteca, dove fu instancabile suscitatore di cultura; l’amicizia con Fellini; i suoi 6 libri di poesia.

Sergio Zavoli e Bruno Vespa

Zavoli possedeva una doppia natura, sempre devota all’immaginazione che si nutre di quel “normale” che vede nella realtà: del “cronista” per eccellenza, e del poeta, essi si alimentavano l’uno con l’altro. Zavoli è il più fedele cronista perché avvicina l’uomo. La sua voce pacata ne tocca le corde più profonde, ha il respiro del suo mare. La voce indimenticabile dell’autore del Processo alla tappa, di Notte della Repubblica è uno “spazio letterario”, secondo l’accezione di Maurice Blanchot: ciò che ne distingue la vera “durata”.

L’ultimo libro, Il tempo di scordare”, possiede l’arcata di un inizio d’addio (al Casale di Monte Porzio Catone, con tutto quel che esso ha racchiuso e significato), che si riappoggia alla vita nuova nel «luogo mite, silenzioso, Trevignano», con la moglie Alessandra, alla quale la raccolta è dedicata. Il lago di «una pace naturale» ospita nello specchio dei suoi riflessi l’intera vita nella sua continuità. Non so se, come lui stesso mi diceva, lo stile sia diventato più cronachistico («per non venire meno a un bisogno di libertà ritmiche e lessicali»); penso sia più meditativo. Ancora lo accompagnano, come nei “mattutini” consegnati ad «Avvenire»«alle spalle l’ombra mia» – le antiche ombre più grandi, diventate più miti, quasi si prolungassero, al modo di Virgilio, cessati i soffi del vento che mormora e dagli alti monti cadono le maggiori ombre:

«ventosi ceciderunt murmuris aurae»

[…]

«maioresque cadunt altis de montibus umbrae».

Piero Meldini, Walter Veltroni, Sergio Zavoli, Pupi Avati, Rosita Copioli

Rosita Copioli – BIO

Sono nata a Riccione il 3 aprile 1948. Laureata in Lettere classiche, tesi di laurea su Leopardi (Leopardi e il paesaggio, ossia la natura) con Anceschi, in Estetica. Parallelamente alla letteratura e alla poesia, ho coltivato la storia, con ricerche d’archivio, allo scopo di salvaguardare i nostri luoghi, fondando con mio figlio Emanuele Mussoni (e i maggiori studiosi) l’Associazione internazionale Adolphe Noël des Vergers, di cui dirigo la collana di studi. Di tutte queste attività storiche non vi trascrivo le pubblicazioni, né i progetti di mostre, e mi limito alla letteratura, sommariamente, elencando soltanto i libri singoli, non i contributi in volumi.

Ho pubblicato libri di prosa e saggi (tra cui I giardini dei popoli sotto le onde, Guanda 1991; Il fuoco dell’Eden, Tema celeste 1992; Ildegarda oltre il tempo, Raffaelli 1998; La previsione dei sogni, Medusa 2002; Il nostro sistema solare, Medusa 2013; Per Tonino Guerra, Pazzini, 2017; Gli occhi di Federico Fellini, con uno scritto di Pietro Citati, Vallecchi Firenze, 2020); La voce di Sergio Zavoli, Vallecchi Firenze 2021; drammi, libri storici e le seguenti raccolte di poesia: Splendida lumina solis, Forum 1979 (premio Viareggio opera prima); Furore delle rose, Guanda 1989; Elena, Guanda 1996; Odyssée au miroir de Saint-Nazaire, MEET 1996; Il postino fedele, Mondadori 2008; Animali e stelle, La stampa 2010; Le acque della mente, Mondadori 2016; Le figlie di Gailani e mia madre, Franco Maria Ricci, 2020; Elena Nemesi, mc 2021; ultimo ancora inedito: I fanciulli dietro alle porte. Ho fondato e diretto la rivista «L’altro versante» (1979-1989). Ha curato e tradotto Yeats (Il crepuscolo celtico, Theoria 1987, SE 2001; Anima MundiSaggi sul mito e sulla letteratura, Guanda 1988, 1998; La rosa segreta. Tutti i racconti, Guanda 1995; L’artificio dell’eternità. Saggi sull’arte, Medusa 2015), Saffo (Più oro dell’oro, Medusa 2006), e curato opere di Leopardi (Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica, Rizzoli 1998), Goethe (Gli anni di viaggio di Wilhelm Meister, Medusa 2005), Flaubert (La prima Madame Bovary, Medusa 2007), Fellini (Ho sognato Anita Ekberg, intervista di José Luis de Vilallonga, Medusa, 2014;con Gérald Morin L’Olimpo. I miti greci, SEM, 2017; Il Casanova di Fellini ieri e oggi 1976-2016, Senato-Gangemi, 2017). Ho pronto un libro su Boiardo (Acque della magia. Matteo Maria Boiardo e l’Inamoramento de Orlando), semi-pronti uno sul MalePerversione, e un altro più antico, su Elena.

In particolare, per Fellini, oltre ad avere scritto interventi vari, recensendone opere, presentando inediti e ricordi, su vari quotidiani («Repubblica» – «Mercurio», «Avvenire»), riviste, libri propri e altrui, ho curato la sezione “Fellini e i libri” con video, nella mostra “Fellini all’opera” del “Fellinianno 2013” (Rimini 31.10 2013-20.1.2014), e la sezione sui libri per il Museo dedicato a Fellini a Rimini; con Gérald Morin ho organizzato il convegno sul Casanova, voluto da Sergio Zavoli per la Biblioteca del Senato (6 dicembre 2016), curandone poi il volume ampliato e autonomo (Il Casanova di Fellini ieri e oggi 1976-2016). Ho introdotto il catalogo Skira per la mostra di anteprima del centenario della nascita di Fellini, a Padova.

Ho collaborato ai quotidiani «Repubblica» («Mercurio»), «Il Giornale» (di Montanelli), e ora ad «Avvenire»; e saltim a «Repubblica», dal progetto su Fellini curato con Pietro Citati in occasione del centenario.