…appunti sparsi…

di Alfredo Baldi

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Prima premessa: gran parte delle informazioni sul film e sulla sua lavorazione le ho tratte dal prezioso librettoL’«Otello» senz’acca – Orson Welles nel fondo Oberdan Troiani, a cura di Alberto Anile, pubblicato da CSC – Cineteca Nazionale e Rubbettino nel 2015.

Seconda premessa: il sottotitolo “appunti sparsi” vuole indicare che il presente scritto contiene suggestioni, impressioni, annotazioni giustapposte le une alle altre, ma non ha certo la pretesa di costituire un saggio organico su un testo così rilevante come l’Otello di Orson Welles.

Orson Welles regista di culto

Otello, o anche The Tragedy of Othello, è uno dei film di culto di uno dei registi di culto della storia del cinema mondiale, cioè uno di quei non molti registi i quali – oltre a eccellere sotto gli aspetti della padronanza del mezzo e della pregnanza del racconto – hanno realizzato tutte, o quasi, opere considerate di culto. Evito di dare qui una definizione del sintagma di culto, trattandosi di una locuzione il cui significato è universalmente riconosciuto e accettato dagli specialisti e dagli appassionati di cinema. Non sono più di una dozzina, a mio avviso, i registi di culto nella storia del cinema mondiale. Qui li elenco – ma a puro titolo esemplificativo, poiché i metri di giudizio su questa particolarissima qualificazione sono molti, molto personali e tutti rispettabili – in ordine alfabetico per non far torto a nessuno: Ingmar Bergman, Luis Bunuel, René Clair, Sergej Ejzenstejn, Federico Fellini, John Ford, Alfred Hitchcock, Buster Keaton, Stanley Kubrick, Akira Kurosawa, Fritz Lang e, appunto, Orson Welles, forse il più di culto di tutti. Come si vede, non ho elencato i più famosi, ma appunto quelli che (io) considero di culto. Scrivere di Welles e del suo Otello è una di quelle imprese che fanno “tremar le vene e i polsi”, ai coraggiosi naturalmente, poiché gli incoscienti affrontano irresponsabilmente ogni argomento, anche quelli più complessi e dei quali ignorano tutto. Poiché sono tutt’altro che un wellesologo pur amando molto Welles, cercherò di trasferire sulla carta qualche pensiero sensato senza addentrarmi nell’analisi della costruzione del film (molto complessa) e dei suoi (molteplici e complessi) significati – ricordiamoci che stiamo parlando di un testo shakespeariano, trasferito fedelmente in immagini cinematografiche – ma mantenendomi prudentemente a una distanza di sicurezza che mi consenta comunque di parlare di argomenti che siano di qualche rilievo e interesse per il lettore.

L’odissea produttiva

Otello è, intanto, uno dei due film di nazionalità italiana (l’altro è Il processo, 1962, coproduzione italo-franco-tedesca) diretto da Welles, Nel nostro caso, però, dobbiamo parlare di nazionalità quasi italiana. Infatti la produzione inizia sotto gli auspici, e i finanziamenti, della Scalera Film del comm. Michele Scalera, il quale però ben presto si ritira come produttore e si ritaglia la responsabilità della sola distribuzione in Italia; gli oneri produttivi ricadono quindi di fatto sulle spalle di Welles e delle sue società. La prima anomalia che balza agli occhi scorrendo la storia produttiva di Otello è la durata abnorme della sua lavorazione: ben tre anni, da ottobre 1948 a novembre 1951, con innumerevoli interruzioni e cambi di cast, sia artistico che tecnico. Tanto per fare un solo esempio, ma illuminante riguardo agli attori, la protagonista femminile Desdemona è interpretata inizialmente da Lea Padovani – in quel momento compagna di vita del regista – poi da Cécile Aubry, quindi da Betsy Blair, infine, dall’agosto 1949, definitivamente da Suzanne Cloutier, una Desdemona esemplare per innocenza, ingenuità, bellezza e purezza. Già poche settimane dopo l’inizio delle riprese, infatti, Welles ha dovuto cercarsi personalmente i finanziamenti per proseguire e portare a termine le molte fasi della lavorazione, naturalmente con innumerevoli difficoltà e battute d’arresto anche perché era impegnato allo stesso tempo in altri lavori come attore, sia per il cinema (Prince of the Foxes, The Third Man, The Black Rose), che per il teatro (The Blessed and the Damned, An Evening with Orson Welles).

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Pluralità delle location

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Un altro elemento rimarchevole della produzione del film è la molteplicità e il nomadismo dei suoi set nel lungo arco di tempo della fase produttiva. Molte scene sono state girate in Marocco, a Mogador (oggi Essaouira), ventosa cittadina che si affaccia sull’Oceano Atlantico: alcune nella Fortezza della Skala (foto 1), altre accanto alla massiccia e

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 quadrata torre difensiva portoghese (foto 2), altre infine nella Medina della città. Ma in Marocco alcune riprese sono state effettuate anche a Safi e a Mazagan, oggi El Jadida. Per ottenere tutto questo materiale la troupe di Welles si è dovuta recare nel paese africano ben tre volte. Molte altre scene, poi, sono state realizzate a Venezia, della quale appaiono, tra i vari siti riconoscibili, la Scala del Bovolo, l’interno e l’esterno (foto 3) della Chiesa di S. Maria

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dei Miracoli, la Ca’ d’Oro e l’inconfondibile Palazzo Ducale (foto 4). Altre scene arrivano da Viterbo, dove viene ripresa più volte l’altrettanto inconfondibile Loggia di architettura gotico-lombarda del Palazzo dei Papi (foto 5). A Tuscania, nella preromanica

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Basilica di S. Pietro, si sono svolte le riprese dell’ultimo colloquio tra Otello, già deciso a uccidere Desdemona, e quest’ultima. Qui la scena è inquadrata dall’alto (Otello) verso il basso (Desdemona) (foto 6), chiaro segno dell’ormai ineluttabile destino che spinge alla vendetta lui, perversamente istigato dal perfido Jago, nei confronti della – presunta, ma invece innocente – fedifraga moglie. Nella cripta della stessa Basilica viene poi girata un’ulteriore scena tra Otello e Jago (Micheàl MacLiammòir). Negli Studi della Scalera, infine, sia quelli di Venezia alla Giudecca che quelli di Roma, sono stati girati molti interni.

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Pluralità delle versioni

La versione che ho visionato è l’unica disponibile oggi in commercio in DVD, vale a dire quella restaurata nel 1992 sotto gli auspici della Caste Hill e con la benedizione di Beatrice Welles-Smith, terza e ultima figlia di Welles, e ha una durata di 89′. Nel DVD visionato, tuttavia, alcune battute del padre di Desdemona e dei componenti del Consiglio dei Dogi, all’inizio del film, sono rimaste in inglese, senza traduzione in italiano. Ma la versione originale inglese, proiettata e premiata con il Grand Prix a Cannes nel maggio 1952, è diversa da questa in DVD, a cominciare dalla durata che raggiunge i 96′. E leggermente diverso ancora, come durata, inquadrature e montaggio, è il “primo” Otello, presentato in serata di gala al cinema Barberini di Roma il 29 novembre 1951.

La fotografia di Otello

La fotografia in bianco e nero è di un livello strepitoso, costantemente di altissima qualità, nonostante sia opera non di un solo autore, bensì dei numerosi direttori succedutisi nelle varie e alterne fasi di lavorazione: a iniziare dal veterano Anchise Brizzi, poi da Alberto Fusi, forse anche da Tonino Delli Colli, per passare quindi a George Fanto, ad Alvaro Mancori e addirittura al celebre Aldò [Aldo Graziati]. Oberdan Troiani, invece, sia pure quasi sempre come operatore alla macchina, ha partecipato praticamente a tutto il film, realizzando personalmente anche molte inquadrature di raccordo, a Mogador, in assenza di Welles ma seguendo le sue istruzioni. Tra le eccellenze della fotografia notiamo che nelle scene iniziali, girate in Marocco, le silhouettes nere controluce di coloro che portano alla sepoltura il corpo di Otello, una lunga e lenta processione in campo lungo sullo sfondo chiaro del cielo, sono più volte accompagnate e intersecate nella stessa inquadratura, in primo piano o piano americano, da un’altra processione con figure vestite di bianco, quelle che trasportano il corpo dell’innocente Desdemona (foto 7): un magnifico contrasto nello stesso fotogramma!

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Il montaggio di Otello

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Anche il montaggio è opera di più valenti montatori: Renzo Lucidi a Roma, Jean Sacha a Parigi, infine John

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Shepridge a Londra, quasi sicuramente tutti sotto la supervisione di Welles. Non pochi sono gli “errori” di montaggio, come ad esempio durante la rissa tra Roderigo (Robert Coote) e Cassio (Michael Laurence), quando è ignorata la regola canonica della “linea da non scavalcare”, ma vengono giustapposte inquadrature dove la corsa tumultuosa della folla si dirige da sinistra a destra e viceversa. Molte anche le “singolarità”; ad esempio la soggettiva di Emilia (Fay Compton) che osserva Desdemona allontanarsi dal suo Palazzo di Cipro (in realtà la Basilica di S. Pietro a Tuscania)(foto 8) è costituita da una ripresa dall’alto della pavimentazione di epoca fascista del grande spiazzo antistante il Palazzo dei Congressi all’EUR a Roma (foto 9). Anche il controcampo di

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Otello che, sullo sfondo della Loggia dei Papi (foto 10), chiede conto dei disordini provocati da Cassio, non è la piazza della Cattedrale di S. Lorenzo a Viterbo, bensì un’inquadratura stretta con costruzioni medioevali (foto 11),

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nella quale appaiono Cassio e Jago, che può essere stata girata ovunque. Così come, per rimanere sulla Loggia dei Papi, il suo controcampo – quando viene annunciato l’arrivo di una nave da Venezia – è il mare, inquadrato tra un modellino delle colonne della Loggia, con un modellino di nave sullo sfondo (foto 12). Per concludere il discorso sul montaggio, in alcune sequenze il montaggio concitato e, apparentemente, disordinato di gente in armi fa pensare ad alcuni momenti di certe opere di Alessandro Blasetti, come Ettore Fieramosca (1938) e soprattutto La corona di ferro (1941). Non credo che Welles abbia potuto vedere i film blasettiani, ma l’accostamento tra questi due registi, per alcune evidenti affinità stilistiche, è certamente suggestivo.

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La gelosia, mostro dagli occhi verdi

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Uno dei momenti topici del film è la lunga carrellata, sugli spalti di Cipro (in realtà la Fortezza della Skala a Mogador, in Marocco) (foto 13), che riprende un sottile dialogo tra Otello e Jago il quale cerca di insinuare dubbi nel Moro circa l’onestà del comportamento di Desdemona nei confronti di Cassio. Beffardamente, Shakespeare fa pronunciare proprio a Jago, roso dalla gelosia nei confronti sia di Otello che di Cassio (a suo parere troppo baciati dalla fortuna), quelle frasi che, ripetute più volte in breve lasso di tempo, renderanno Otello folle di gelosia nei confroni della moglie. Jago: “Guardatevi, signor mio, dalla gelosia, è il mostro dagli occhi verdi che rigetta il cibo che lo nutre!” “Perché, cosa dici? Credi che io voglia condurre una vita di gelosia? Seguire ogni cambio della luna con sempre freschi sospetti? No Jago, vedere prima di dubitare, e se c’è ancora dubbio, prove!” “Non parlo ancor di prove. Guardate vostra moglie, osservatela quando è con Cassio.”

Shakespeare femminista

Verso il finale, poco prima che si compiano i crudeli e cruenti eventi che coinvolgono, e accomunano in un certo modo, Desdemona, Emilia, Otello e Jago, Shakespeare ci fa dono di un serrato dialogo dalle evidenti connotazioni femministe ante-litteram tra

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Emilia e Desdemona (foto 14), dove la prima delle due (dama di Desdemona, più anziana ed esperta, oltre che moglie di Jago) esprime, con pungente ironia, la sua riprovazione e il suo sdegno per le condizioni di subordinazione e di sudditanza alle quali le mogli sono costrette rispetto ai mariti. Durante questo dialogo Emilia è seduta nel salone mentre Desdemona, pur vicinissima a lei, ne è separata da una grata di ferro, esplicito simbolo del destino di cui l’infelice donna è ormai prigioniera. Riporto integralmente il dialogo, opera di Gian Gaspare Napolitano, pregevole traduttore del testo shakespeariano:

Desdemona: “Perché tu credi in coscienza, dimmi Emilia, che esistano donne che ingannano i mariti in modo così volgare?”

Emilia: “Ce n’è diverse, senza dubbio.”

D.: “E tu faresti un’azione simile per tutto il mondo?”

E.: “Perché voi non lo fareste?”

D.: “No, per la luce del cielo!”

E.: “Neanch’io alla luce del cielo, preferirei di molto farla al buio.”

D.: “Faresti un’azione simile per tutto il mondo?”

E.: “Il mondo è molto vasto, sarebbe un prezzo troppo grande per un vizio così piccolo!”

D.: “In verità credo che non lo faresti!”

E.: “In verità credo che dovrei farlo. Certo non farei una cosa simile per un anelluccio, o una spanna di lana, o per vestiti, sottane, cappucci o altre cosucce del genere, ma per il mondo intero…”

D.: “E io non credo che esista una donna simile.”

E.: “Sì, a dozzine, ma credo che sia colpa del marito se le mogli cadono. Sì, se essi diradano i loro doveri o versano i nostri tesori in grembo alle altre, oppure lo rompono in sciocche gelosie irretendoci di divieti. O, peggio, ci battono! Beh, non siamo sante e per quanto dotate di grazia pensiamo a trarne vendetta. Se sapessero i mariti che le mogli hanno sensi come loro, vedono, odorano e hanno un palato per il dolce e per l’agro uguale al loro! Cosa credono di fare quando ci cambiano con le altre? È forse un gioco? Credo lo sia. Questo nasce dall’affetto? Credo sia così. È per fragilità che essi errano? Vero anche questo. E noi non abbiamo affetti? Desiderio di divertirci? E fragilità come gli uomini hanno? Dunque ci trattino bene, altrimenti il male che facciamo, le loro colpe ce lo insegnano.”

D.: “Buona notte.”

Conclusione

Come ho già premesso, innumerevoli ulteriori considerazioni si potrebbero elaborare su questo Otello wellesiano che certo merita un’analisi critica puntuale e approfondita. Ma non è questa la sede: preferisco fermarmi qui poiché credo che il lettore non apprezzerebbe discorsi più complessi. E dunque anche a voi “Buona notte”, nel segno dell’innocente e sventurata Desdemona.

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“Solo una persona può decidere il mio destino, e quella persona sono io.”
ORSON WELLES – ( Charles Foster Kane – “Citizen Kane” )

È considerato uno degli artisti più versatili e innovativi del Novecento in ambito teatrale, radiofonico e cinematografico. Conquistò il successo all’età di ventitré anni grazie allo spettacolo radiofonico La guerra dei mondi, trasmissione che, leggenda narra, scatenò il panico negli Stati Uniti, facendo credere alla popolazione di essere sotto attacco da parte dei marziani. Questo insolito debutto gli diede la celebrità e gli fece ottenere un contratto per un film all’anno con la casa di produzione cinematografica RKO, da realizzare con assoluta libertà artistica. Nonostante questa vantaggiosa clausola, solo uno dei progetti previsti poté vedere la luce: Quarto potere (1941), il più grande successo cinematografico di Welles, unanimemente considerato ancora oggi uno dei migliori film della storia del cinema.

La carriera successiva di Welles fu ostacolata da una lunga serie di difficoltà e inconvenienti che non gli permisero di continuare a lavorare a Hollywood e che lo costrinsero a trasferirsi in Europa, dove continuò a cercare di realizzare le proprie opere finanziandosi soprattutto con apparizioni in film altrui. Fra i suoi molti progetti, Welles riuscì a realizzare e dirigere film come: Macbeth(1948), Otello (1952), L’infernale Quinlan (1958), Il processo (1962), F come falso (1975) ed altri.

La sua fama è aumentata dopo la sua morte, avvenuta nel 1985, ed è considerato uno dei maggiori registi cinematografici e teatrali del XX secolo. Palma d’oro a Cannes nel 1952 (all’epoca Gran Prix du Festival), ricevette, tra gli altri riconoscimenti, l’Oscar alla carriera nel 1971. Nel 2002 è stato votato dal British Film Institute come il miglior regista di tutti i tempi. L’American Film Institute ha inserito Welles al sedicesimo posto tra le più grandi star della storia del cinema.