La Farfalla – incantevole enigma colorato
di Daniele Della Mattia
Il mio primo approccio con le farfalle risale a quando avevo una decina d’anni e, al seguito della famiglia, quando con la famiglia ci siamo trasferiti in campagna a una ventina di chilometri dalla città, vicino Melzo. Milano, pur non avendo raggiunto i tassi d’inquinamento odierni, tra case e automobili non era proprio l’ambiente ideale per crescere dei bambini e così i miei genitori decisero di far trascorrere, ai miei fratelli più piccoli e me, l’infanzia in un luogo più salubre.
Feci amicizia con dei coetanei anch’essi provenienti da Milano (in quel periodo si verificava un fuggi fuggi generalizzato dalla città soffocata dal cemento) con i quali trascorrevo buona parte della giornata a giocare nei prati. Durante la bella stagione m’imbattevo in ogni genere di animale, per me fino allora perfettamente sconosciuto. La campagna, a quel tempo, pullulava di lucertole, ramarri, serpenti, bisce, rane e insetti di tutti i tipi. Nelle notti calde d’estate volavano perfino le lucciole e il concerto di grilli e rane dava la sensazione di essere in un altro mondo. Era inevitabile che ogni tanto portassi a casa, a mo’ di trofeo, qualcuna di queste “bestie” e trasformavo la vasca da bagno in uno stagno con tanto di bisce e raganelle saltellanti, incurante delle proteste di mia madre.
Era appassionante affinare le tecniche per catturare i grilli, oppure cercare di riconoscere gli uccelli dal piumaggio o chiamare in latino i nomi delle farfalle e impararne le differenze morfologiche. Infatti, oltre alla vita all’aria aperta che mi consentiva di osservare dal vivo gli animali, passavo buona parte del mio tempo leggendo i testi di autorevoli scienziati per approfondire le abitudini e le singolarità delle varie specie in cui m’imbattevo.
A circa vent’anni un amico mi contagiò con la sua passione per le macchine fotografiche. Si badi bene, fotocamere, non fotografia. Fu un colpo di fulmine. Acquistai tutti i libri che trovai sull’argomento, feci incetta di tutti i cataloghi e lessi quintali di riviste italiane ed estere. In breve tempo avevo raggiunto una discreta conoscenza, per lo meno teorica, sulla materia. Dopo molta ponderazione, decisi il modello di fotocamera che avrei acquistato con i miei risparmi (una splendida Pentax MX nera) e cominciai a premere sul pulsante di scatto consumando metri di pellicola e producendo immagini che non mi soddisfacevano. Non avevo un tema preciso cui dedicarmi e così cercai di documentare nel migliore dei modi la vita delle farfalle. Infatti, riaffiorò in me l’antica passione per i lepidotteri e decisi di iniziarne una collezione fotografica, con immagini che dovevano essere le più colorate e appariscenti possibile. Le foto dovevano essere assolutamente spontanee, senza artifici che privassero o forzassero la libertà dei lepidotteri. E così fu. Scattai migliaia di diapositive, cercai di affinare le tecniche sperimentando molteplici sistemi, dai più semplici ai più sofisticati e ancora oggi non posso dirmi del tutto soddisfatto: sono sempre indaffarato a inventare qualcosa di nuovo che in teoria mi possa fornire risultati migliori.
Stimolato da amici e parenti per i quali organizzavo estenuanti serate di proiezione, mi decisi a sottoporre qualche buona immagine a una rivista che stimavo molto e leggevo regolarmente: “Il Fotografo”. Fu il mio primo lavoro pubblicato e la mia prima grande soddisfazione. In seguito, anni dopo, quale esperto di macrofotografia e giornalista, collaborai alla stessa rivista, ma purtroppo fu una collaborazione brevissima, poiché la testata chiuse i battenti, lasciando nello sconforto migliaia di lettori che come me le erano molto affezionati. La seconda grande soddisfazione la ebbi quando “Natura Oggi”, nel 1983, mi fece l’onore di mettere in copertina ben undici fotografie delle mie farfalle. Oltre, naturalmente, a un ampio articolo all’interno. Contemporaneamente, le foto furono trasmesse a “Domenica In”, nell’ambito di una promozione dell’allora giovane rivista della Rizzoli. Che cosa poteva sperare di più un dilettante come me? Di acqua sotto i ponti ne è passata, credo a tutt’oggi di avere scattato migliaia e migliaia di fotografie, vinto premi anche piuttosto importanti e pubblicato centinaia d’immagini.
Daniele Della Mattia
Il mio hobby divenne professione, del resto era abbastanza inevitabile, pertanto mi organizzai con studio e banco ottico Sinar e tutto l’armamentario, lavorando soprattutto nell’ambito dello still-life per riviste patinate. Contemporaneamente continuai a scrivere, fondai un ufficio stampa che ampliò le competenze con pubbliche relazioni, grafica, pubblicità e comunicazione in generale per importanti marchi (tra i quali Canon per oltre vent’anni). Pertanto ci siamo ritirati a vita privata in campagna dalle parti di Alberobello, nel nostro Podere Papilio, qui la natura la fa da padrona e posso continuare a fotografare, osservare e talora allevare farfalle che, purtroppo, ormai in Lombardia non esistono più. E ho anche il tempo per scrivere libri e registrare video ovviamente sulle farfalle. Ho anche pubblicato un manuale di macrofotografia.
Ex insegnante Liliana, giornalista e fotografo Daniele, doppiata la boa dei cinquanta decidono di dare una svolta alla loro vita cercando un luogo in cui essere a contatto con la natura, con ritmi umani e valori autentici. E così nasce Podere Papilio, un’idea astratta che pian piano si concretizza in ricerche per ogni dove, contatti, trattative, sogni e delusioni. Non è un’impresa semplice. L’Italia è tutta bella, però ovunque ci sono pro e contro, tuttavia se non altro è stata un’occasione per conoscere meglio questo nostro meraviglioso Paese. Il nome per lo meno c’è: Podere Papilio, un luogo dedicato alle farfalle, grande passione di lui fin da bambino e anche di lei in seguito. Già, perché entrambi amano la natura, gli animali, le piante: dà loro più gioia vedere le evoluzioni di un gheppio che un conto in banca e quindi ci deve essere qualcosa che non va, ovviamente. Infatti, tutto il loro entourage comincia a credere che siano pazzi, però dicono anche di invidiarli per il coraggio. Infine, la scelta cade su un pezzo di terra tra Alberobello e Noci, nella bassa Murgia, su cui sorge una masseria fatiscente. Lì, lo sguardo può perdersi all’infinito in un mare di verde e blu, lì si respira aria buona e fresca, la gente è ospitale e genuina, il prato è profumato, le more sono dolci e i fichi zuccherini, la natura è generosa di sensazioni e colori. Lì ci sono querce che incantano e leggere ondulazioni che spezzano gli orizzonti. Lì ci si sente bene, ed è quello che conta.
Che bellissimo racconto! Ti conoscevo come musicista, fotografo, esperto gastronomo, ma scrittore ancora no. Letto d’un fiato, questo post mi fa sognare. Così come quando ho avuto il piacere di ascoltarlo da voi stessi. Bravo Daniele e brava anche la tua compagna d’avventura, la nostra Liliana, che ha condiviso con te la tua passione.
Anna (the Nice)
Grazie 🥰
Dani sei un grande ….la tua e’una vera passione ….la tua bravura viene trasmessa agli altri attraverso le foto
bellissime e le tue narrazioni 🥰👏👏👏