di Anna Amendolagine
“La storia del cinema è un gioco di luci e ombre” è l’autorevole punto di vista di Vittorio Storaro, famosodirettore della fotografia tre volte premio Oscar, sulla settima arte.
Giocare con le ombre nella cinematografia è un gioco che viene da lontano. A partire dal film Nosferatu le vampire, il capolavoro espressionista di W. Murnau del 1922. Un altro illustre esempio è Metropolis (1927) di F. Lang. A metà del ‘900 troviamo il regista svedese Ingmar Bergman il quale, giocando più con le ombre che con le luci nei film in bianco e nero degli anni ‘50 e ‘60, ne ha evidenziato tutto il loro potere plastico edespressivo e le ha utilizzate come simboli del travaglio interiore dei suoi personaggi.
FELLINI GIOCA CON L’OMBRA
Anche Federico Fellini si è molto servito del gioco con le ombre nel suo cinema e Giulietta degli spiriti vienea ragione considerato il film delle ombre per eccellenza. A questo proposito Bruno Roberti, autore del libro Federico Fellini. L’apparizione e l’ombra per le Edizioni Ente dello Spettacolo, spiega:
“Fellini costruisce il suo cinema per frammenti e apparizioni. Da un lato la luce, dall’altro l’ombra. […] Il procedere per apparizioni, […] diventa per Fellini una cifra stilistica che, a partire prima da Otto e ½ e poi […]da Giulietta degli spiriti, si coniuga con l’altro lato, con l’altro mondo, con un aldilà del tempo e dello spazio, dove si svolge il lavoro dell’inconscio, del rimosso. Ciò significa che l’apparizione è sempre revulsionata nel suo versante d’ombra”.
UN MAESTRO DEL POP ITALIANO
Proprio a causa del fascino esercitato su di lui dal rapporto dell’uomo con l’ ombra, quando Giancarlo Montuschi cominciò a lavorare alla nuova serie di opere intitolata Pop Shadow pensò subito a Fellini.
Artista faentino trapiantato da anni in Toscana, Montuschi è un maestro indiscusso della Pop Art italiana.Pittore e ceramista-scultore, ha sviluppato un linguaggio spontaneo, fiabesco e essenzialmente irreale, con note alchemico-esoteriche. Punto cardine della sua estetica è la matrice pop che si combina con la Metafisica e il Surrealismo. Secondo il critico Massimo Duranti:
“La sua poetica nasce da una forte tensione verso un immaginario ludico di ascendenza post-pop in qualche misura post futurista (di ascendenza balliana). Senza dimenticare i recuperi colti dagli scenari di Rousseau […] dove c’è un universo di fantasia onirica simbolo di gioia liberata”.
L’OMBRA RICHIAMA LA REALTÀ E LA REALTÀ L’OMBRA
Tante sono le affinità che si possono riscontrare tra Fellini e Montuschi, due personalità di tipo visionario con un invadente aspetto ludico. Romagnoli doc tutti e due, hanno in comune l’estroversione del carattere, la gioia di vivere, l’amore per il colore, il culto della prosperità delle forme e della buona tavola. Entrambi sono dotati di esuberanza immaginativa e navigano nella dimensione del sogno. Non solo. Non si rassegnano a vivere appagati solo del mondo visibile. Entrambi sono individui curiosi e sensibili che amano sperimentare e condividono un interesse sincero per la magia, l’esoterismo e l’occulto.
Laddove Fellini trasferiva i suoi sogni e le sue fantasie nei disegni e nel cinema, Montuschi li riversa sulla tela o li impasta nella ceramica. L’artista, che è un grande appassionato di cinema dagli anni ‘30 e ‘40 del ‘900 ad oggi, dichiara che Fellini è il suo regista preferito in assoluto, mentre il suo film preferito è Amarcord. Inoltre ricorda che:
“La mia pittura è strettamente legata alla mia vita… le ispirazioni mi vengono da tante cose: gli hobby, lepassioni come la musica, la letteratura, soprattutto quella americana, il fumetto, il cinema, le periferie e i villaggi rurali”.
OMBRE POP
Non sorprende pertanto che Montuschi abbia voluto dedicare al grande regista riminese ben tre opere realizzate nell’ambito della serie Pop Shadow, in cui analizza la relazione tra uomo e ombra che, stilisticamente, si traduce in ‘effetto silouhette’ tra ombra e luce. Secondo lui:
“Le ombre sono buchi presenti nella luce. Noi le diamo di continuo; a volte le osserviamo con attenzione, benché la parte che esse hanno nella nostra esperienza visiva del mondo rimanga misteriosa”.
Si tratta di tre lavori eseguiti tra il 2018 e il 2019, acrilici su tela con misure 100x100cm, in cui l’artista ha di fatto giocato con l’ombra di Fellini ponendola tra gli scenari sgargianti colmi degli elementi caratteristici della sua poetica pittorica. Colline, nuvole, stelle e arcobaleni, piante e fiori, strumenti musicali, navi, animali reali o fantastici, pesci, decorazioni varie, scacchiere, cuori, frecce, spirali.
Vanno inclusi gli immancabili omini blu: figure di dispensatori di magia dai cappelli a cono, senza tempo, senza volto e vagamente sessuati, inseriti in paesaggi immaginari o teatrini in perenne metamorfosi tra le cui luci e ombre appaiono e scompaiono simboli arcani e miti pop che imbastiscono storie e avventure possibili con rimandi magico-alchemici. Dice il critico Francesca Bugliolo:
“Figure iconiche e rappresentative di una cultura pop radicata nel XX secolo, di cui l’artista ha conoscenza approfondita e diretta, silhouettes riconoscibili, note al grande pubblico per i valori che incarnano, i protagonisti delle opere di Montuschi instaurano legami visivi con esseri snelli senza fattezze […] Anime blu, colore dello spirito e dell’acqua”.
IL SOGNO DI FELLINI
La prima delle tre tele si intitola Fellini. La silouhette del regista è al lavoro. In piedi dirige le riprese di un film col megafono in mano, la mitica sciarpa al collo e il solito cappello in testa. Accanto a lui, seduti sul carrello, due operatori cinematografici: uno alla macchina da presa e l’altro che gli fa da assistente. Che film starà girando? Una visione fantastica tutta sua che nel dipinto, guarda caso, corrisponde all’ interpretazione magica della realtà di Montuschi. Tra i vari componenti tipici dei suoi fondali pop, dall’alto irrompono due coni di raggi solari che tagliano un cielo rosso fuoco come luci di scena. In basso una piccola scacchiera, metafora per l’artista del luogo dove avviene il gioco della vita.
Non poteva mancare un quadro su La Dolce vita. Riconoscibile in primo piano, in ombra come se fosse presa in controsole, la coppia di attori Marcello Mastroianni e Anita Ekberg nell’indimenticabile scena della fontana di Trevi a Roma. A piani sfalzati fanno la loro comparsa altri personaggi di contorno. Svolazza sullo sfondo di un cielo azzurro un omino blu, dai connotati femminili, che va in altalena. Un chiaro richiamo al personaggio interpretato da Alberto Sordi in Lo Sceicco bianco.
Titolo della terza opera è Il sogno di Fellini. L’inconfondibile sagoma nera del regista col cappello occupa il primo piano. Si trova su un ipotetico set e dà il suo segno di approvazione col pollice alzato. Ciak si gira! Sulla scena si muove tutto quello che è il suo sogno e che, al contempo, è anche quello di Montuschi. Sul nero della notte, punteggiato da nuvole bianche, appare una stella gialla. In una probabile orchestrina tre omini blu suonano rispettivamente un violino, un trombone e una tromba. Vasi con piante li circondano. La musica pare quasi di sentirla in lontananza: è la colonna sonora dei suoi celebri film.
Arte come gioco, quindi, nella concezione sia dell’artista che del regista. Sul tema merita ricordare quanto scritto a distanza di tempo prima dal filosofo tedesco Immanuel Kant nella Critica del giudizio (1790):
“L’arte ha in comune col gioco la libertà e il disinteresse. L’arte rappresenta un’occupazione seria eseguita come se fosse un gioco”.
E poi dallo scrittore americano Cormac Mccarthy nel romanzo Meridiano di sangue (1985):
“Gli uomini sono nati per giocare. Nient’altro. Tutti i bambini sanno che il gioco è piú nobile del lavoro”.
Tutto sommato si può concludere dicendo che tutti e due si devono essere molto divertiti a giocare con la loro creatività.
Per Montuschi, comunque, il ciclo dedicato all’uomo di Rimini non è ancora terminato. Chissà, avrà in serbo altre sorprese. Lui stesso, infatti, ci tiene a dire che: “Il discorso su Fellini non finisce qui”.
BIO Pop di Anna Amendolagine
Curatore indipendente, critico e giornalista vive e lavora tra Roma e Rimini. Ama stare a contatto con la natura, andare in bicicletta e portare il cane a spasso. Colore preferito il verde. La sua squadra del cuore è quella che gioca col cuore. Pratica estensivamente sia lo Yoga che la Dolce Vita.
La sua attività curatoriale comprende l’ideazione e la realizzazione di mostre, testi e cataloghi d’arte, rassegne ed eventi culturali in collaborazione con Istituzioni pubbliche e private sia in Italia che all’estero. La sua è una dieta a base di pittura, scultura, fotografia, video, istallazioni, performance. Va matta per la street-art.
Membro della giuria o del Comitato Scientifico in diversi concorsi artistici.
Giornalista pubblicista e Addetto ufficio stampa ha pubblicato numerosi articoli di arte e cultura su riviste cartacee e online.
Tifa per l’Europa e ha ricoperto il ruolo di Coordinatore Tecnico Europeo per due importanti progetti culturali dell’Unione Europea : PETRA e LEONARDO.
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