Uno scatto che ci assomigli
di Anna Amendolagine
Lo spazio è quello che è. L’allestimento è semplice e sobrio. Ma le fotografie sono spettacolari. Quando si dice che il gioco vale la candela significa che una visita alla mostra “Uno scatto che ci somiglia: la raccolta fotografica di Carlo Levi” merita assolutamente di essere vista. E per i vari motivi che spiegheremo più avanti. Perché prima occorre fare chiarezza su un punto.
Le fotografie esposte non sono state scattate da Carlo Levi, il celeberrimo autore del libro “Cristo si è fermato ad Eboli”. Nessuno, in famiglia o tra gli amici, lo ha mai visto con una macchina fotografica in mano. Scrittore, pittore e giornalista, Levi non ha mai scelto la fotografia come sua forma espressiva. Piuttosto si faceva ritrarre. Dai grandi maestri ai fotografi estemporanei o magari da qualcuno che era con lui al momento dello scatto.
Tuttavia la fotografia ha sempre occupato un posto importante nella sua vita. La teneva in alta considerazione e apprezzava i grandi fotografi che reputava alla pari dei grandi artisti e dei poeti. Lungo tutto il corso ricco e articolato della sua esistenza Levi ha messo da parte almeno 10.000 stampe, incluse alcune lastre e negativi. Quello di raccogliere le foto era per lui un intento continuo e non occasionale.
L’ARCHIVIO FOTOGRAFICO
Questo materiale, in gran parte inedito, fa parte dell’Archivio fotografico di Carlo Levi, gestito dall’omonima Fondazione. Il Fondo fotografico è importante perché le foto sono giunte a Levi dalle più svariate fonti, da altri studi fotografici o da altre persone. E’ collocato presso l’Archivio Centrale dello Stato dove si trova anche l’archivio cartaceo.
Maria Francesca Bonetti, dell’Istituto Centrale per la Grafica di Roma, afferma:
“Da tutta questa documentazione si può trarre il profilo della straordinaria figura di Carlo Levi, del suo lavoro, le sue opere, i suoi viaggi e le sue numerose relazioni con altri artisti, politici e studiosi del suo tempo. Una raccolta che nel suo insieme costituisce un’ importante testimonianza della vita culturale e politica del tempo, in particolare a Roma nel dopoguerra e negli anni ‘70”.
Sempre secondo Bonetti la raccolta si presta ad essere una fonte ulteriore per la conoscenza di vari fotografi, sia Italiani che stranieri, le cui immagini a volte offrono uno spaccato di alcuni aspetti particolari della fotografia del ‘900. Soprattutto quelli che hanno partecipato alla stagione del neorealismo e del fotogiornalismo internazionale di stampo umanista, nelle loro varie accezioni e declinazioni.
UN PROGETTO APERTO
Circa 1.500 di queste fotografie sono state digitalizzate in un data base – consultabile sul sito della Fondazione Carlo Levi – la cui costruzione è la 1° parte del progetto “L’archivio fotografico di un protagonista del Novecento: Carlo Levi”, a cura di Daniela Fonti e Antonella Lavorgna per la Fondazione. Vincitore dell’avviso pubblico “Strategia Fotografia 2020”, il progetto è promosso e sostenuto dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.
La mostra, inauguratasi il 29 settembre 2021 presso la sede della Fondazione Carlo Levi di Roma, in Via Ancona 21, sarà visitabile fino al 16 dicembre 2021. Costituisce la 2° parte del progetto, mentre la 3° è una giornata di studi che si è svolta il 22 ottobre 2021.
In esposizione 120 immagini prese dall’ Archivio ed esemplificative dei nuclei concettuali che il fondo contiene e che formano l’ossatura della mostra. Non sono disposte in ordine cronologico ma sono suddivise in ottogruppi tematici rilevanti che rimandano al percorso artistico e umano di Carlo Levi. La famiglia; gli amori; immagini del confino; l’atelier; i ritratti d’autore; i reportage dei grandi maestri; i suoi viaggi; la figura pubblica.
UNA MOSTRA DOCUMENTARIA
Si tratta dunque di una mostra documentaria con le fotografie che ritraggono Carlo Levi in diversi periodi esituazioni della sua vita. Sono da ritenersi complementari alle migliaia di tele dipinte dal pittore in quanto cirestituiscono una narrazione più “oggettiva” della sua eclettica avventura umana, intellettuale e artistica.
Si inizia con l’album di famiglia. Fotografie piccolissime del primo Novecento in cui si svolge l’infanzia e l’adolescenza di Carlo Levi. Nelle atmosfere placide e tranquille di una famiglia borghese benestante e con pochissimi riferimenti alla religione di origine. Su un arco di tempo che va dal 1903 al 1951 vediamo il piccolo Carlo appena nato, in gita in barca con genitori, fratelli e sorelle, vestito alla marinara, tredicenne con la nonna Grazia, con i compagni del liceo, con la madre Annetta.
Per gli affetti extra-familiari, non abbondano gli scatti che riguardano le tante figure femminili che hannoanimato le sue turbolente storie sentimentali. Tre sono le donne più importanti della sua vita amorosa: la russa Vitia Gourevitch, Paola Levi Olivetti, sorella di Natalia Ginzburg e Linuccia Saba, figlia del poeta Umberto.
Del periodo 1935-1936, che Levi passa al confino ad Aliano (Matera), rimane soltanto un ristretto numero discatti significativi. Davanti al cancello, sull’uscio o sul terrazzo della casa di Aliano, con bambini o personaggi del luogo, lui è sempre vestito elegantemente.
TRA PUBBLICO E PRIVATO
La mostra ha il pregio di mettere in risalto un aspetto meno conosciuto di questo grande intellettuale. A partire dal secondo dopoguerra Carlo Levi diventa un personaggio di rilevanza pubblica la cui notorietà supera gli stretti ambiti delle sue attività professionali nei quali si muove.
Ci sono pertanto foto che testimoniano non solo la sua frequentazione del mondo dell’arte e la sua partecipazione a eventi letterari e culturali di varia natura ma anche la sua attività come uomo politico. Oratore in tribuna per una manifestazione politica giovanile, durante un comizio antimafia, sul palco per un evento di solidarietà con Cuba.
Un aspetto privato della sua vita di cui invece resta una documentazione fotografica molto interessante è quella dei vari atelier di Roma nei quale l’artista è intento a svolgere la sua attività di pittore o di scrittore. Lo vediamo che disegna tra alcuni quadri nello studio di Villa Strohl-Fern. Oppure in quello di Palazzo Altieri con la copertina di un suo libro in mano o mentre dipinge. Nei suoi atelier Levi viene ripreso anche da autori noti, come Arnold Newman, l’agenzia Magyar Távirati Iroda, Ralph Crane, Pais e Sartarelli, Elio Sorci.
VIAGGI E REPORTAGE
Nella sezione sul tema del viaggio alcuni scatti lo ritraggono durante un viaggio di studio fatto in Inghilterra nel 1930, spesso accanto a compagni illustri. Su un ponte a Washington insieme a Nello Rosselli e Antonello Gerbi. O con un giovane Alberto Moravia in visita a Stonehenge. Un’altra serie di fotografie lo riprende in un viaggio in Calabria dei primi anni cinquanta. Panorami dall’alto, bambina con scialle, uomo col cappello e donne coi sacchi sulle spalle. Paesaggi e volti che appartengono a un’Italia che non c’è più.
Segue una nutrita galleria di suoi ritratti fotografici, molto spesso ad opera di firme internazionali come Marilyn Gerson, Arnold Newman, Leslie Gill. Soprattutto nei primi anni Cinquanta, Levi entrava in contatto con questi fotografi che venivano a Roma per un motivo o per un altro.
La mostra si arricchisce dei reportage eseguiti da due grandi maestri della fotografia internazionale. Il primo è composto dalle spettacolari foto di David Seymour il cui occhio fotografico si sofferma sui postumi della guerra in Italia, Germania e Israele. Il secondo reportage, del 1954, è di Henry Cartier-Bresson che getta il suo sguardo benevolo e poetico sulla Roma post bellica. Coglie bambini che giocano in piazza e racconta la storia di Bicchierino, il puledro che viveva per le strade di Trastevere.
Dopo l’esperienza del confino in Lucania, in realtà Levi non abbandonerà mai il sud d’Italia, che nel frattempo gli è penetrato nell’anima e fiorisce nel suo mondo poetico e letterario. Ritornerà altre volte nel meridione e nelle grandi isole italiane dove compie dei viaggi dai quali rientra con molti spunti fotografici, ripresi da altri, alla ricerca di volti, espressioni, situazioni ambientali particolari che avrebbe successivamente inserito nei suoi quadri.
UN VOLTO CHE CI SOMIGLIA
Ecco allora dispiegarsi sulla parete l’eccezionale materiale fotografico realizzato dall’obiettivo di Mario Carbone nel corso di un viaggio effettuato insieme nel ’60. Per documentare luoghi e persone da inserire nel grande telero Lucania ‘61, richiestogli da Mario Soldati per la mostra torinese celebrativa del Centenario dell’Unità d’Italia.
Ciò che emerge da tutti gli scatti in esposizione è la figura olimpica e sempre sorridente di quest’uomo che è stato artista, medico, scrittore, uomo politico, antifascista. Un intellettuale poliedrico e ineguagliabile che è stato un “testimone” d’eccezione della condizione e situazione politica italiana del trentennio 1945-1975.
Un volto che ci somiglia è il ritratto dell’Italia che non c’è più ma che vive ancora nel ricordo di pochi oramai. E che comunque resiste nell’archivio fotografico di uno straordinario protagonista del Novecento: Carlo Levi
BIO Pop di Anna Amendolagine
Curatore indipendente, critico e giornalista vive e lavora tra Roma e Rimini. Ama stare a contatto con la natura, andare in bicicletta e portare il cane a spasso. Colore preferito il verde. La sua squadra del cuore è quella che gioca col cuore. Pratica estensivamente sia lo Yoga che la Dolce Vita.
La sua attività curatoriale comprende l’ideazione e la realizzazione di mostre, testi e cataloghi d’arte, rassegne ed eventi culturali in collaborazione con Istituzioni pubbliche e private sia in Italia che all’estero. La sua è una dieta a base di pittura, scultura, fotografia, video, istallazioni, performance. Va matta per la street-art.
Membro della giuria o del Comitato Scientifico in diversi concorsi artistici.
Giornalista pubblicista e Addetto ufficio stampa ha pubblicato numerosi articoli di arte e cultura su riviste cartacee e online.
Tifa per l’Europa e ha ricoperto il ruolo di Coordinatore Tecnico Europeo per due importanti progetti culturali dell’Unione Europea : PETRA e LEONARDO.
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