di Costanza Diquattro
Puntasecca è un lembo di terra che si tuffa a mare, un borgo di pescatori e poche famiglie, un faro che segna la rotta, che conforta la notte.
E’ un ricordo tatuato sulla pelle, una lacrima di commozione, un cambiamento repentino.
Puntasecca è il luogo dove sono stata felice e dove, ciclicamente ritorno a respirare l’infanzia quando temo di averla perduta.
Ho trascorso in quella casa la vita fino ai miei quattordici anni, quando Montalbano, Rai e Palomar invasero (viva Dio) l’intera costa iblea, trasformando per sempre quella solitudine in celebrità.
Quel piccolo borgo diventò, nell’arco di poche stagioni, una meta ambita dal turismo internazionale ribaltando le sorti di Ragusa da sempre definita la provincia “babba” della Sicilia per la sua naturale inclinazione alla riservatezza.
Fino ad allora Puntasecca altro non era che un luogo di villeggiatura, intriso da una sana e gaudente felicità, fatta di riti sempre uguali, visite di amici e parenti e dalla salvifica presenza dei miei nonni.
Raccontare quegli anni, immergermi nel passato ed uscirne rinnovata (al pari di un rito benedicente), è servito a riappropriarmi di quel luogo.
Perché una casa non è semplicemente un involucro di mura sormontate da un tetto. Una casa è il posto dove si nasconde, forse inconsciamente, un pezzo di cuore, un segreto dell’anima. Qualcosa di noi resta per sempre intrappolato negli angoli più reconditi e al momento opportuno salta fuori e ti sorprende, ti costringe, tuo malgrado, a fare i conti con il passato.
La casa sul mare, circondata da colonnine e posizionata come un trampolino sul mare, non cambiò di molto la sua naturale vocazione dopo “l’avvento” di Montalbano.
Era stata sempre un ombrellone di cemento a disposizione di tutti. La porta aperta sulla strada era un chiaro invito, un segnale inequivocabile affinchè la gente entrasse per un caffe o per una aranciata fredda che non mancava mai di essere offerta.
Montalbano arrivò per caso, portando con sè uno scontro generazionale, un’idea di rigenerazione e alcuni traumatici cambiamenti. La casa sull’acqua, luogo felice d’infanzia, divenne invivibile. Io, mia madre, mio padre e mia sorella fuggimmo dopo un solo anno lasciando i miei nonni a sguazzare in quella felice confusione di turisti e curiosi che, per la loro gioia, gli riempivano casa.
Ma la fretta di scappare fu troppa e io non ebbi il tempo di impacchettare i miei ricordi più belli e portarmeli via. Restò tutto li per molti anni, quasi imprigionato nella trama fitta della mia gelosia. Mi sentivo derubata della mia esistenza, della mia infanzia, della mia casa. Ci vollero molti anni, una apparente maturità e un figlio per riappropriarmi di quello spazio e capire che la vera bellezza di un posto felice sta nella sua condivisione; in questo caso con il mondo!
Diquattro Costanza
Costanza Diquattro (Ragusa, 1986), laureata in Lettere moderne all’Università di Catania, dal 2008 si occupa attivamente del Teatro Donnafugata,
teatro di famiglia restituito alla fruizione del pubblico dopo sei anni di restauri, e nel 2010 ne assume la Direzione artistica con la sorella Vicky, dando inizio a importanti collaborazioni artistiche con prestigiosi teatri nazionali e compagnie teatrali di fama. Parallelamente alle stagioni di prosa, di musica classica e di teatro per bambini, coadiuvata da uno staff tutto al femminile, si apre alla organizzazione di festival e
mostre. Ha collaborato con «Il Foglio» e poi con alcune testate online siciliane. Il suo campo di scrittura spazia dalla critica sociale al costume, dal mondo della cultura a quello più strettamente legato al teatro.
Sicilia, primi anni Novanta, una casa sul mare. La terrazza brulica di avventori accaldati, brocche di caffè freddo e aranciata presidiano la tavola, e i bambini seminano la sabbia sul pavimento. Tra loro, anche l’autrice, Costanza, che a tinte lievi e imbevute d’infanzia ripercorre la vita dentro e fuori le stanze della casa di villeggiatura di famiglia, prima che quelle facessero spazio al set televisivo ispirato ai romanzi più amati di Andrea Camilleri. In un valzer di ricordi, tra ospiti illustri, le corse ai ricci di mare e il confine impaziente tra l’inverno e l’estate, “La mia casa di Montalbano” regala personaggi insieme unici e veri: a cominciare dal nonno, chino sul pianoforte o in un baciamano, e dalla nonna, con la sua grazia decisa e i prendisole fiorati. Eppure, tutto non può che cambiare quando Punta Secca rinasce nella fittizia Vigàta, il vecchio soggiorno in una camera da letto, e l’uomo di casa in un commissario di polizia: Salvo Montalbano. Una biografia corale e agrodolce che restituisce rughe, vita e passato a una casa che «prima era mia e poi di tutti» e ormai entrata, per rimanervi, nell’immaginario collettivo nazionale.
Scrivi un commento