di Francesca Fabbri Fellini
Maurizio Porro ci porta, con il calore e il sentimento di chi l’ha vissuta in prima persona, dentro la storia del cinema e del teatro italiani, facendoci incontrare autori leggendari e titoli memorabili, ospiti di una festa dello spettacolo che ci fa ricordare, tra Fellini, Strehler e le ballerine della rivista, periodi storici, personaggi, tendenze, curiosità e capricci di un’arte che vive sempre due volte, in chi recita e in chi ascolta.
Io li conoscevo bene è un libro sentimentale, dove Maurizio Porro, il critico della pagina degli Spettacoli del Corriere della sera, (da 50 anni), racconta tutto quello che gli è rimasto, degli anni di frequentazione e di spettatore del Cinema e del Teatro, due materie contigue e complementari.
Il critico ha avuto la fortuna di vivere in un momento ricco di personaggi importanti.
Così ha pensato bene di far finta di invitarli una sera tutti a casa sua a Milano, sia gli attori, sia i personaggi che hanno interpretato, andando di getto senza punteggiatura, come gli veniva.
Si percepisce durante la lettura, che Porro si sia divertito molto scrivendo questo volume.
- Primo Film
Il primo film che Porro ha visto al cinema è stato Biancaneve e i sette nani nel 1937, come si addice a qualunque bambino ancora oggi.
Le nonne di Maurizio, dicevano che il ragazzino stava troppo nell’aria viziata del cinema.
- Il Teatro di Rivista
L’andare a teatro fin da piccolissimo a vedere la Rivista con il suo papà, l’ha portato anche a qualche piccola gaffe, del tipo che invece di cantare a scuola Papaveri e Papere cantava una canzone di Wanda Osiris.
Una vita fatta di incontri quella del critico Maurizio Porro.
- Federico Fellini
Fellini è il nume tutelare del suo libro, per Porro è il più grande regista del mondo, ha fatto film dai quali non si può più prescindere, ha reinventato il cinema. Al debutto de La dolce Vita sugli schermi cinematografici, Porro c’era quindi può asserire con cognizione di causa che mai più in Italia ci sia stato un caso così clamoroso come il film di Fellini che ha diviso l’Italia e non si parlava d’altro.
Fellini è stato un Profeta.
Tutto quello che racconta nei suoi film a partire da La dolce vita si è poi verificato.
Lo stiamo vivendo oggi. Fellini era una persona molto umoristica simpatica e spiritosa che ha onorato Porro della sua amicizia. Fellini non parlava mai del suo cinema.
I veri geni non hanno bisogno di autocertificarsi. Lo fanno solo le mezze cartucce.
Dopo che Maurizio ha fatto di tutto per intervistarlo la prima volta timidamente appena assunto al Corriere, Fellini ha cominciato a diventare una presenza gentile, premurosa, si era instaurata tra di loro un rapporto cordiale e scaramantico: quando un film debuttava a Milano, gli portava fortuna la sera prima andare a cena a Casa Porro con Marcello Mastroianni. La mamma di Maurizio, cucinava il risotto alla milanese. Possiamo dire che era un miraggio gastronomico.
- Marcello Mastroianni
Ha scritto la storia del cinema e anche del teatro italiano.
Il primo spettacolo a teatro serio che Porro ha visto, è stato nel 1955 : ‘Zio Vanja’ di Anton Cechov per la regia di Luchino Visconti con Marcello Mastroianni.
Marcello era una persona gentile, umile, tranquilla senza vana gloria, senza arie.
Una persona magnifica.
- L’ attrice di cinema e teatro preferita da Maurizio Porro
Mariangela Melato ha saputo fare benissimo entrambe le cose, ad un certo punto si è specializzata in teatro, con il quale aveva debuttato.
Lei era particolarmente stimolante era una self made e aveva lavorato con i 4 registi più importanti al mondo da Strehler a Visconti a Ronconi a Fò. Era un caso anomalo.
- Nostalgia
Quello che traspare leggendo il meraviglioso ‘Amarcord’ di Maurizio Porro, è una nostalgia grande come una casa. Lui ci ricorda che il cinema d’autore negli anni ‘60 in Italia era il più bello del mondo, senza alcun dubbio. I critici cinematografici potevano vedere tutti i giorni film che verranno acclamati come dei capolavori, ma allora sembravano solo merce comune. Basti pensare al 1960, quando uscirono nelle sale cinematografiche : L’avventura di Michelangelo Antonioni, Rocco e i suoi Fratelli di Luchino Visconti e La dolce Vita di Federico Fellini.
In ‘coda’, sempre in quel magico ‘60, c’erano La Ciociara di De Sica, Rossellini, Monicelli, Risi, Rosi, Germi con Divorzio all’Italiana, Comencini, Scola.
Una serie di personaggi memorabili che hanno fatto la storia del cinema italiano,che andrebbero studiati a scuola perché sono la storia dell’ Italia.
Ci si chiede spesso che fine avranno fatto Cabiria, Gelsomina, Guido di Otto e mezzo o Marcello de La dolce vita quando è uscito dalla fontana.
I film e anche gli spettacoli teatrali, sedimentano qualcosa dentro che va oltre la parola FINE, infatti Fellini non metteva mai la parola ‘fine’ nei suoi film perché giustamente diceva non è finito qui, perché continua , viene fuori dopo, sta sopito nella testa, nel cuore, nel cervello ma ad un certo punto risalta fuori. Ed è proprio così.
Per rispondere a questo quesito, nasce il libro di Maurizio Porro.
Buona lettura.
Maurizio Porro – BIO
Maurizio Porro, milanese del 10 luglio 1942, è laureato in Lettere e Filosofia e ha lavorato con diverse funzioni al Piccolo Teatro dal ’64 al ’70, alla rivista “Ferrania”, dal ’69 al ’70, iniziando poi a collaborare con il “Corriere della Sera”, dove entra nel 1974 dopo due anni al “Giorno”. Professore di Storia della Critica dello Spettacolo all’Università Statale di Milano dal 2002, ha pubblicato tra gli altri un Quaderno del Piccolo Teatro(1967), Joseph Losey (1977), Il cinema vuol dire (1979), Alberto Sordi (1980), La cineteca di Babele (1981), Alida Valli (1996), Dizionario dello spettacolo del ’900 (1998), Fine del primo tempo (1999), Mélo (2008), Attori, teatro e un po’ di vita. Scritti per il “Corriere della sera” 1974-2017 (2018) ed è autore, con Sandro Avanzo e Paolo Vitali, del volume Teatro Manzoni Milano. 150 anni di emozioni (2022). È stato curatore dei fascicoli della collana dei DVD Garinei e Giovannini e ha collaborato con la Fabbri per la collana I grandi sceneggiati. Ha curato, inoltre, il volume di “Bianco e Nero” dedicato a Mariangela Melato.
“Come quando si legge una poesia o anche si vede un film riuscito e ti accorgi che c’è in sala uno strano silenzio, una sospensione del reale: ed è allora che siamo tutti come i personaggi in scena o sullo schermo, per un momento legati da uno stesso destino che poi elegge la nostra memoria a stabile dimora e nascondiglio, quindi occuperà i nostri ricordi, rimanendo a cuccia in qualche angolo del cuore o del cervello. E ci sarà uno spazio dedicato alla trasmissione delle emozioni legate allo spettacolo, un neurone XYZ, un giorno o l’altro lo scopriranno e allora ciascuno di noi sarà ripagato e saprà dove e come disporre le esalazioni sentimentali di tanti pomeriggi e tante serate passate nella finta solitudine di una platea, anche da soli, anche vuota, ma è quella solitudine che si finge tale perché prevede una moltitudine che difende le tue stesse scelte e assorbe le tue stesse emozioni.”
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