Intervista a Gianni Minà
di Francesca Fabbri Fellini
1.Il 17 maggio hai compiuto 84 anni, 60 anni di interviste . Il calore del tuo pubblico che ti ha fatto gli auguri ti ha spinto a far partire un progetto accarezzato da anni: ‘Mina’s Rewind’. Puoi spiegarci di cosa si tratta?
Minà’s rewind non è un programma televisivo, ma il recupero della mia cassetta degli attrezzi. Ho prodotto più di mille ore di servizi di telegiornali, programmi televisivi e documentari sottolineando personaggi e fatti che hanno attraversato più di sessant’anni di storia italiana e non solo. Ho collezionato molti scoop e intervistato personalità irraggiungibili: da Maradona a Fidel Castro, da Robert De Niro a Sergio Leone, da Muhammad Ali a Pietro Mennea, Fellini e vorrei far riemergere gli spezzoni di quelle interviste che non sono mai state viste.
2.Fare il giornalista cosa ha significato per te? Alcuni dicono che è un servizio sociale, ci vuole la chiamata come per fare il prete.
Certo. Nell’incipit della spiegazione del mio progetto ho inserito una dichiarazione dell’indimenticabile Tiziano Terzani, scomparso troppo presto, che tratteggia perfettamente il senso della nostra professione: “Non è un semplice mestiere – prosegue – non un modo di guadagnarsi da vivere, ma qualcosa di più, che ha una grande dignità e una grande bellezza, perché è consacrato alla ricerca della verità. Ecco il suo valore morale, avvertibile nel modo di raccontare, nel presentare i fatti. Certo la scuola, anche una scuola ad hoc, aiuta, ma è propedeutica, perché nessuna scuola potrà mai insegnarti la missione, non ti dà quella cosa in più di cui hai bisogno: la vocazione. E certe scuole di giornalismo mi hanno fatto l’impressione di essere frequentate da seminaristi senza vocazione. Se uno fa il meccanico e lo fa bene, nulla da dire; ma se uno fa il prete, per farlo bene deve avere qualcosa in più. E il giornalista è come il prete: deve avere la chiamata, la vocazione, sentire la missione”.
3.Tu sei stato sempre alla ricerca della verità. Qual’e il segreto del bravo giornalista che puoi lasciare ai giovani?
La curiosità e la libertà mentale di non fermarsi davanti a paletti ideologici, di pregiudizio o altro. A volte i peggiori censori siamo proprio noi stessi.
4.Tu hai raccontato il mondo con le voci dei protagonisti. Hai fatto sempre quello che hai sognato, più erano inavvicinabili i personaggi e più cercavi di raggiungerli. C’è un’intervista mancata?
Nelson Mandela. Ci siamo rincorsi, non ci siamo mai “acchiappati”.
5.Quanti 33 giri hai? So che sono il tuo orgoglio. Che musica ascolti?
Più di duemila, comprati soprattutto perché prima, quando si montavano i servizi o i documentari, si metteva la musica legata al tema o al Paese che si raccontava. Io giravo per il mondo, intervistavo e compravo lp. Ora sento per lo più musica jazz e soul.
6. Con Minoli capostruttura, a Blitz hai fatto una tv fuori dalle righe in diretta. Un tuo ricordo di quella Rai.
Era una Rai che ancora osava sperimentare perché non era legata alla schiavitù dello share. Ora si fa il contrario: è il marketing che detta la linea, è per questo che non si vedono più in giro tanti prodotti culturali “alti”. Non trascinano…
7.La vita ti ha fatto conoscere in situazioni inattese dei personaggi famosi. Chi ti ha lasciato il segno?
Diego Maradona.
8.Metti una sera a cena da ‘Checco er Carrettiere’ dove c ‘è una foto che racconta una cena patrimonio dell’umanità. Puoi raccontarcela?
E’ descritta nel mio libro “Storia di un boxeur latino”. Me la chiedono sempre perché è una storia, nella sua assurdità, diventata mitica. L’ho voluta “fotografare” nel mio libro autobiografico.
9.Chi è stato per te Maradona?
Un uomo fragile e solo. Molto solo.
10. Hai 3 figlie e una moglie meravigliosa Loredana Macchietti qual’e il bilancio della vita di Gianni dall’alto della tua esperienza di vita?
Sono stato un uomo fortunato e privilegiato.
11. Hai ancora un sogno nel cassetto?
Sempre. Per ora andiamo avanti con questo progetto, che sarà molto complicato eseguirlo tecnicamente: abbiamo molti supporti obsoleti e sarà dura trovare le macchine per poterli visionare. Ma ci riusciremo, ne sono certo.
Il “Sogno nel Cassetto” di Gianni : Mina’s Rewind
La necessità di conservare la memoria e in particolare di raccontare o di sentire raccontata la propria storia, è fondamentale per la crescita personale e sociale di ognuno di noi. La preservazione della memoria è un’azione fondamentale per costruire il significato del proprio presente, alla luce del passato e in vista del futuro. Si arriverà così, partendo da una storia individuale, unica come uniche sono le nostre vite, a raccontare una Storia corale, collettiva, che, nel suo piccolo, permetterà di descrivere il passato, il presente, ma soprattutto di tracciare un futuro.
Minà’s rewind non è un programma televisivo, ma il recupero della cassetta degli attrezzi da lavoro di un giornalista che ha sviluppato nel tempo un modo di raccontare le gesta e le voci di alcuni uomini con un nuovo linguaggio. Attraverso la storia degli uomini, si racconta la storia di un Paese e di parte del mondo.
Gianni Minà ha prodotto più di mille ore di servizi di telegiornali, programmi televisivi e documentari sottolineando personaggi e fatti che hanno attraversato più di sessant’anni di storia italiana e non solo. Ha collezionato molti scoop e intervistato personalità irraggiungibili: da Maradona a Fidel Castro, da Robert De Niro a Sergio Leone, da Muhammad Ali a Pietro Mennea. Ha esercitato una professione nell’unico modo possibile: il suo. E osservando la sua lunga carriera si è trattato di un modo vincente.
Gianni Minà è un giornalista, scrittore e conduttore televisivo italiano.
Ha collaborato con quotidiani e settimanali italiani e stranieri, ha realizzato centinaia di reportage per la Rai, ha ideato e presentato programmi televisivi, girato film documentari su Che Guevara, Muhammad Ali, Fidel Castro, Rigoberta Menchú, Silvia Baraldini, il subcomandante Marcos, Diego Armando Maradona.
Minà è stato editore e direttore della rivista letteraria Latinoamerica e tutti i sud del mondo dal 2000 al 2015 ed è stato direttore della collana di Sperling & Kupfer Continente desaparecido, dedicata a realtà e autori latinoamericani. Ha pubblicato numerosi libri sull’America Latina.
Nel 2003 è stato eletto nell’assemblea della SIAE e ha fatto parte del comitato che ha ideato e realizzato Vivaverdi, la rivista degli autori italiani.
Nel 2007 ha ricevuto il Premio Kamera della Berlinale per la carriera, il più prestigioso premio al mondo per documentaristi.
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