di Danielle Dufour Verna

Il cielo e le stelle per la “Divina Commedia” e Dante Alighieri

La Divina Commedia è uno dei capolavori della letteratura italiana, scritta da Dante Alighieri tra il 1303 e il 1321. Incisa su una lastra di titanio e oro appositamente studiata per resistere a temperature estreme, è pronta per essere affidata alla missione spaziale ISS-Expedition 66 che lo rilascerà nell’ottobre 2021 nello spazio infinito, come eterna testimonianza dell’ingegno umano. La copia gemella tornerà sulla Terra con le firme dei cosmonauti, da cui l’edizione sarà riprodotta in 700 copie numerate e certificate, per celebrare il 700° anniversario della morte del grande Dante Alighieri.

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Quando la poesia, patrimonio dell’umanità, prende il volo nello spazio, ricorre il 700° anniversario della morte di Dante Alighieri, l’uomo che scrisse la Divina Commedia tra il 1303 e il 1321.

Dantesco !!!

L’intera Divina Commedia, uno dei capolavori della letteratura italiana, incisa su una lastra di titanio e oro appositamente studiata per resistere a temperature estreme, sarà affidata nell’ottobre 2021 alla missione spaziale ISS-Expedition 66, che la rilascerà nello spazio infinito come un eterno testamento dell’ingegno umano. La copia gemella tornerà sulla Terra con le firme dei cosmonauti, da cui verrà riprodotta l’edizione facsimile in 700 copie numerate e certificate, per celebrare il 700° anniversario della morte di Dante Alighieri. L’edizione numero zero salirà a bordo della navetta Soyuz Ms19 per una missione spaziale e partirà dal cosmodromo di Baikonur in Kazakistan.

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Dante Alighieri, il padre della lingua italiana

Nel 2021, il 14 settembre per l’esattezza, si preparano in tutto il mondo le celebrazioni per il 700° anniversario della scomparsa di Dante Alighieri. Italiano, nato a Firenze nel 1265, il poeta è più attuale che mai. Che cos’è la vita se non cercare di capire le profondità dell’animo umano? “Non siete stati fatti per vivere come bruti”, disse il grande poeta, “ma per seguire la virtù e la conoscenza. “Coloro che sono consapevoli di essere ignoranti intraprendono la ricerca… Bisogna scendere nel proprio inferno perché l’anima sopravviva. Altrimenti, vivi come un non morto. Senza anima, la vita non riconosce la volgarità perché è volgare. Non riesce a discernere i limiti e diventa incosciente, prodigo, traditore… L’elenco completo è fatto da Dante nella Divina Commedia.

Siamo tutte figlie e figli di Poeti

Con Petrarca e Boccaccio, Dante fondò il nuovo umanesimo e aprì le porte della civiltà moderna, nonostante una vita tumultuosa dovuta agli esili e una lunga solitudine dettata dalla scrittura delle sue mirabili opere. Poeta e prosatore, Dante Alighieri nacque tra maggio e giugno 1265 in una famiglia della bassa nobiltà.  Uno degli eventi più importanti della vita di Dante è l’incontro con Beatrice, la donna da lui amata ed esaltata come simbolo della grazia divina. Beatrice sarebbe vissuta davvero: gli storici l’hanno identificata come la nobile fiorentina Béatrice o Bice Portinari, morta nel 1290. Per quanto riguarda la prima parte della vita di Dante, non si hanno molte notizie sulla sua educazione, anche se le sue opere rivelano grande erudizione. A Firenze fu profondamente influenzato dallo studioso Brunetto Latini, e sembra che intorno al 1287 frequentò l’Università di Bologna. Poeta e prosatore, teorico della letteratura e pensatore politico, è considerato il padre della letteratura italiana e può esserlo a buon diritto. Fu il primo a capire l’importanza del volgare ea scrivere i suoi capolavori in questa particolare lingua. Un volgare è la lingua locale comunemente parlata in una comunità. Questo termine è spesso usato in opposizione ai termini della lingua franca, standard, classica o liturgica. È grazie a opere come “La Divina Commedia” e “De Vulgari Eloquentia” che la lingua italiana ha potuto sviluppare e oscurare la lingua latina che era fino ad allora considerata la lingua principale del suolo italiano.

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Durante la sua vita, Dante Alighieri fu considerato una delle più grandi figure letterarie e culturali del tempo. Anche se fu apprezzato per le sue opere, le sue idee politiche (era un guelfo bianco) lo portarono ad essere esiliato dalla sua nativa Firenze nel 1304 dopo un conflitto con Papa Bonifacio VIII e a vagare come “ospite” nelle più importanti corti italiane del tempo. Questo esilio forzato durò fino alla morte del sommo poeta nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321 a Ravenna, dove Dante era ospite alla corte di Guido da Poletta, podestà della città. Dopo la sua morte, molte personalità dell’epoca si mobilitarono per onorare la morte del “Sommo Poeta”, tra cui la figura di Giovanni Boccaccio è certamente quella che ebbe il ruolo più importante. Dalla metà del XIV secolo, Boccaccio cominciò a diffondere il culto di Dante in modo capillare.

Dante Alighieri, l’uomo che ha inventato l’identità italiana

L’Italia ha questa cosa straordinaria: non è nata da un matrimonio dinastico, come la Spagna, né da una guerra, come la Francia, l’Italia è una nazione più recente, ma era già lì perché è nata dalla bellezza, dalla cultura, dalla lingua. Una lingua può essere trasmessa da un libro. Per gli italiani, questo libro è “La Divina Commedia”. L’Italia è l’incontro tra umanesimo e cristianesimo e il primo umanista è Dante. Il poeta era amico del pittore Giotto e lo visitò mentre stava scrivendo “L’Inferno”. Non si sa quale dei due abbia influenzato l’altro: l’Italia è il luogo dove nascono gli stili, il modo di pensare e di rappresentare il mondo. E Giotto fece sua questa idea dell’Italia come software del mondo.

Cristiana ma contro i papi

Dante è molto duro con l’Italia e critica gli italiani, perché vorrebbe che fossero diversi, né corrotti né divisi, come i Montecchi e i Capuleti; è arrabbiato con Roma, dove c’è un mercato tutto il giorno, con Bologna, vorrebbe che l’Arno straripasse a Pisa, ed è arrabbiato anche con Genova, Pistoia, Lucca… Scrive che a Firenze non sono i migliori a fare politica, ma i mediocri, e che una legge fatta in ottobre non arriva a novembre. Anche se Dante è profondamente cattolico, manda all’inferno tutti i papi del suo tempo, perché il papa dovrebbe essere un leader spirituale, non temporale. Ha inveito contro gli usurai, i finanzieri e gli uomini dal denaro facile. Dante non è mai stato così moderno come in questo momento.

Victor Hugo e Dante Alighieri, due umanisti, due geni e una poesia

Il vibrante omaggio di Victor Hugo a Dante Alighieri

“Una sera per strada ho visto passare un uomo,

Vestito con un grande cappotto come un console romano,

E che mi sembrava nero contro lo splendore dei cieli.

Questo passante si è fermato, fissando i suoi occhi su di me

Così luminose e profonde da essere selvagge,

E mi disse: “Io ero una volta, in tempi antichi,

Un’alta montagna che riempie l’orizzonte;

Poi, un’anima ancora cieca che rompe la mia prigione,

Sono salito di un gradino nella scala degli esseri,

Ero una quercia e avevo altari e sacerdoti,

E faceva strani rumori nell’aria;

Allora ero un leone che sognava nei deserti,

Parla alla notte oscura con la sua voce rimbombante;

Ora sono un uomo e mi chiamo Dante. “

Victor Hugo, Le Contemplazioni – Libro terzo – Lotte e sogni

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Due poeti umanisti

Quando Victor Hugo scrisse questo bellissimo e brevissimo testo qui sopra su Dante Alighieri, ci sono molte allusioni alla Divina Commedia: “Una sera, sul sentiero, vidi passare un uomo” che si riferisce a “in mezzo al sentiero della nostra vita”; “un’alta montagna che riempiva l’orizzonte” per “un’alta montagna che svuotava l’orizzonte”; così alta che sembra occupare tutto lo spazio celeste, il che non manca di ricordare l'”alta montagna” del Purgatorio che, nel Canto 26 dell’Inferno, all’imprudente viaggiatore Ulisse sembrava “alta come ogni cosa vista”. “La terza allusione, ancora più esplicita, persino ovvia, è l’uso della parola “anima”, “anima ancora cieca e rompendo la mia prigione” per “allora, anima ancora cieca, ho rotto la mia prigione” in cui la parola sembra dominare, aleggiare, in tutto il verso. Ci sono altri elementi che implicitamente ma fortemente richiamano la narrazione di Dante. La prima è la situazione, il viaggio: un uomo, un viaggiatore, si muove “sulla strada”, e l’io del poeta “lo vede passare”. Il personaggio di Dante, l’ombra che Hugo intravede, è dunque, come quando mette in scena il suo stesso poema, un viaggiatore, un “passante”, come ripete il quarto verso “questo passante si fermò, fissando gli occhi su di me”.

Il secondo elemento che richiama fortemente la Divina Commedia è il contrasto tra luce e tenebre, e quindi Paradiso/Enfern, espresso attraverso l’antitesi tra impressioni visive: il misterioso passante osservato dall’io del poeta sembra al poeta essere “nero contro il cielo limpido” (E che mi sembrava nero contro lo splendore del cielo), il suo sguardo è allo stesso tempo “luminoso” come la luce e “profondo” come l’abisso. Tuttavia, l’oscurità domina la luce, e l’atmosfera generale della poesia è piuttosto notturna, come suggeriscono le primissime parole della poesia: “Una sera”, per cui “la luce del cielo”, su cui si staglia il misterioso uomo “nero”, corrisponde alla luminosità di una notte estiva, mentre nell’ultimo verso, il leone, altra rappresentazione del poeta italiano, parla “alla notte oscura”, parlando alla “notte oscura con la sua voce rombante”.

“Victor Hugo (à Bruxelles)”. Photographie de Charles Albert Bertall (1820-1882), photoglyptie, 1867. Paris, Maison de Victor Hugo.

Dante e Hugo, poeti visionari

Tuttavia, in questa lirica hugoliana, ciò che riecheggia maggiormente la Divina Commedia è la situazione letteraria generale.

Infatti, Dante viaggia nell’aldilà, accompagnato da Virgilio, poi da Beatrice, e si ferma a parlare con le anime che incontra nei luoghi che ha attraversato. Poi, l’autore Dante, come poeta visionario, evoca attraverso la forza della poesia tutte le apparizioni, le ombre che ha incontrato. Questo spiega, tra l’altro, nel poema di Hugo, l’importanza dello sguardo di Dante, al quale l’autore dedica una lunga proposta di quasi due righe. Infatti, la situazione topica della Commedia dantesca è rovesciata nella lirica francese: colui che ha una visione, un’apparizione, è qui l’io del poeta, l’alter ego di Hugo, che “vede” Dante, che passa veloce come un’ombra in un percorso che non è altro che una delle strade poetiche frequentate da entrambi, la Divina Commedia, un semplice volume che evoca un viaggio nell’aldilà, un libro che è anche un viaggio nella potenza della parola poetica. Come le anime che Dante incontra nella sua Divina Commedia e che sentono un ardente desiderio di raccontare la propria esperienza spirituale, terribile o commovente, a quest’uomo vivo, così Dante, ormai una creatura ugola, un’ombra ugola, si ferma e vuole parlare con questo poeta vivo, vuole raccontargli la storia della propria anima…

Sul sentiero dell’umanità

Si noti che il poema è destinato ad essere letto almeno una seconda volta: solo leggendolo con in mente il nome del personaggio rivelato, il lettore potrà comprendere l’evoluzione di quest’anima eccezionale che si reincarna in varie forme, montagna, quercia, leone, uomo, ma sempre con un destino eccezionale nelle diverse specie a cui appartiene. Le immagini, comunque, si basano sul contrasto tra la mobilità del personaggio di Dante, qui rappresentato come un “passante” sul cammino di Hugo, ma anche sul cammino della vita umana, sulle strade percorse dalla poesia, e l’immobilità delle forme di vita in cui Dante prima diceva di essersi reincarnato: la montagna e la quercia, immobili come sono, ma anche il leone dei penultimi versi, che sembra essere per lo più occupato a sognare tranquillamente in un luogo poco vivace, “sognare nel deserto”. La mobilità dantesca allude a due elementi, la storia biografica dell’esilio eterno e la storia immaginaria di Dante come personaggio del suo stesso poema, che viaggia fisicamente, cioè con il proprio corpo, verso l’aldilà cristiano, in opposizione alle anime dei dannati o degli eletti, privati del loro involucro carnale. In questo breve testo, il poeta Hugo caratterizza Dante Alighieri, chiamato semplicemente Dante secondo l’uso italiano che si era diffuso ed era rimasto in Francia per gli italiani più famosi (Dante, Michelangelo, Donatello, Galileo, pronunciato e anche scritto, per quanto riguarda Michelangelo e Galileo, alla francese), con metafore che sottolineano la potenza e la forza. In questo caso, si tratta anche della potenza e della forza della poesia, che certamente, in un poeta così segnato dal Romanticismo come Victor Hugo, è intimamente legata alla forza di Dante come uomo, poiché la vita e la biografia, in modo romantico, sono considerate inseparabili, da Victor Hugo, dall’esperienza poetica.

La poesia dimostra così chiaramente, senza ulteriori verifiche, la reale e intima conoscenza che Victor Hugo, come molti scrittori francesi di quel periodo romantico, aveva di Dante. In questo testo, anche se molto breve, l’ammirazione del poeta romantico francese per uno dei più grandi poeti mai vissuti è immensa e vibrante.

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La Divina Commedia, analisi

“Prima di entrare nei Cerchi dell’Inferno, è essenziale dare un’occhiata alla Divina Commedia nel suo insieme per avere una buona idea di questo universo immaginario descritto da Dante.

Inferno-Dantesco

Lucifero, capo degli angeli ribelli, è stato scacciato da Dio dal cielo alla terra. Cade a capofitto sulla Terra e sprofonda al centro del globo dove è condannato a rimanere fissato in enormi masse di ghiaccio. Secondo Tolomeo, la Terra stessa è il centro dell’Universo, quindi Lucifero è proprio al centro dell’Universo. Su di lui poggia tutto l’inferno, che la sua formidabile caduta ha scavato nella terra sotto forma di un cono rovesciato, un immenso imbuto, il cui lato grande – l’ingresso – è sulla superficie della terra e quello più piccolo nel centro.

Il sistema cosmografico descritto da Dante non è il frutto della sua sola immaginazione. È anche il risultato dei vari dati dell’epoca e delle tradizioni precedenti. La Bibbia, la mitologia, Aristotele. Tolomeo, i Padri della Chiesa, gli scrittori dell’Antichità e del Medioevo, ecc. hanno fornito al poeta i principali materiali per la sua visione. L’inferno è diviso in nove cerchi concentrici sovrapposti, una sorta di galleria che corre lungo le pareti cilindriche del cono. In queste gallerie sono collocati i dannati, classificati secondo i loro crimini. Questi cerchi, sempre più piccoli, hanno tormenti appropriati, sempre più terribili man mano che si scende. Sono a volte suddivisi in tanti compartimenti quanti sono i vizi generali che vi sono puniti e che offrono specie diverse.

In fondo all’Inferno c’è il difficile ingresso (proibito e impossibile ai dannati) ad un lungo sotterraneo, che segue l’Inferno e conduce al lato della Terra opposto a quello dove si trova l’ingresso dell’Inferno. Questo sotterraneo conduce ai piedi di una montagna colossale, interamente circondata dall’acqua e situata al centro dell’emisfero desertico della Terra, all’opposto di Gerusalemme, che occupa il centro dell’emisfero abitato.

Questa montagna è il Purgatorio

Arrivato lì, Dante ha percorso tutto il diametro della Terra, il cui primo raggio è occupato dall’Inferno e il secondo dall’uscita sotterranea. La Montagna Purgatoria si è formata, in una sola volta, dalla massa terrestre che è stata scacciata dalla Terra dalla violenta caduta di Lucifero. È quindi comprensibile che il Purgatorio abbia la forma opposta all’Inferno: una montagna invece di un cono rovesciato e vuoto. Invece di scendere, come all’inferno, si sale. “Il Purgatorio è anche diviso in sette cerchi o gironi (girone).

la divina commedia – la montagna del purgatorio

In cima c’è il Paradiso terrestre o Giardino dell’Eden. Una linea retta dall’Eden a Gerusalemme passerebbe per il centro di tutti i Gironi del Purgatorio e di tutti i Cerchi dell’Inferno, il centro della Terra e dell’Universo. In ogni cerchio del Purgatorio i peccatori trovano successivamente l’espiazione delle loro colpe e la purificazione progressiva delle loro anime contemplando, sotto varie apparenze, esempi della virtù opposta al loro vizio. Il Paradiso è diviso in nove sfere che fanno la rivoluzione intorno alla Terra. Più si sale di sfera in sfera, più pure sono le virtù che vi si trovano, più grande è la loro felicità, perché sono più vicini a Dio. Infine, la Trinità e i misteri cristiani risiedono nel cielo più alto. È Beatrice che viene, sulla soglia del Paradiso, a sostituire Virgilio per guidare il Poeta. Giunto in cima al Paradiso, Dante soccombe allo splendore di una visione che i suoi occhi umani sono impotenti a contemplare; e, come un sonno pesante gli impediva di conoscere la strada che lo conduceva all’Inferno, così lo splendore divino che lo abbaglia gli impedisce di conoscere il cammino che lo riporta dal Paradiso alla Terra.

La commedia

Il titolo dato da Dante al suo poema non è: La Divina Commedia, ma semplicemente: La commedia. Con la parola Commedia, il poeta intendeva, secondo l’uso del suo tempo, un’opera scritta nella lingua volgare moderna, in opposizione alla Tragedia, che designava un’opera dell’antichità, scritta in una lingua considerata più dotta e nobile. Inoltre, la conclusione del suo poema, essendo felice, giustificava anche l’appellativo di Commedia in opposizione a quella che finisce in una catastrofe. Così quando parla dell’Eneide (Inferno, XX, 113) la chiama Tragedia, e negli unici due passaggi in cui parla del suo stesso poema “

La Divina Commedia / Dante Alighieri ; tradotto e commentato da Adolphe Méliot. Garnier Frères. 1908

Ringraziano la Redazione di “Projecteur TV” per la condivisione dell’articolo di Danielle Dufour Verna