Il Regista interviene nella polemica su “Prova d’Orchestra”
di Maurizio Porro
– articolo del “Corriere della Sera” di Sabato 4 Settembre 1978 –
Il film, al San Fedele, ha sollevato un vivace dibattito – Forse verrà proiettato al cinema prima che in TV.
Milano – Sulla “Prova d’Orchestra” di Federico Fellini il gioc è quello di interpretare lo spartito: “I numerosi politici che hanno visto il film a Roma dopo l’anteprima al Quirinale – afferma il regista di passaggio a Milano dove il suo filmè stato proiettato l’altra sera con successo al Centro San Fedele – si sono pronunciati quasi tutti favorevolmente, tutti lo hanno seguito con tensione, a tutti ha messo un po’ di paura”.
Il film di 70 minuti, prodotto da Leonardo Pescarolo per la Rete 1 della RAI, è un apologo dove, seguendo una prova di orchestra, il regista traccia la mappa delle disillusioni collettive e dello “sfascio” di un Paese che potrebbe anche essere l’Italia. Quando il film fu presentato al Presidente della Repubblica ebbe molti elogi da Pertini e Andreotti (“con giudizi assai sottili”) mentre Ingrao si pronunciò contro.
“Credo che il giudizio di Ingrao – dice l’autore – sia stato turbato anche da un equivici tecnico di proiezione. Le sue riserve, mi pare, avessero un certo imbarazzo, perché ha scambiato il consenso degli altri con una diversa visione politica dell’opera”.
Non tutti i comunisti hanno detto di no: proprio giovedì sera, dagli schermi della Rete 2, Antonello Trombadori ne ha tracciato un ritratto lucido e positivo, dicendo che un’opera d’arte vera non può essere reazionaria. E poiché abbiamo visto la trasmissione (cui ha partecipato anche Padre Arpa) insieme a Fellini, possiamo dire con quanta attenzione e soddisfazione il regista abbia seguito le parole dell’intellettuale del PCI.
– Ma dopo tutti questi giudizi lei sostiene che non si tratta di un film politico ?
“Io dico soltanto che la vision epolitica è un modo soffocante e riduttivo di vedere il film: significa scaricarlo del suo impatto emozionale, razionalizarlo, insomma cancellarlo. La vitalità di “Prova d’Orchestra”, se c’è, è quella di lasciare lo spettatore in preda a sentimenti confusi, di disagio, vergogna, sgomento. L’eticità sta in questo incontro a livello individuale. Tradurlo in una ideologia, vuol dire rendere il film astratto, allontanarlo dalla Vita. Per questo mi sento imbarazzato e impotente a parlarne”.
– Accettato tutto questo le chiedo allora perché ha acconsentito che il film venisse proiettato in anteprima ai politici.
“Perché viviamo in contraddizioni continue, perché io incarno l’archetipo del giullare che va a corte a presentare l’ultima capriola. E’ il mio mestiere e la mia vocazione. Se fossi coerente, cosa orrenda, non avrei dovuto farlo. Ma ormai il destino di questo filmetto è irrecuperabile. Le etichette sono state date: c’è gente che crede di riconoscervi Fanfani, Lama, Berlinguer, cose prive di senso, cui io non ho mai pensato. E’ come dare alla gente un paio di occhiali sbagliato”.
– A che condizioni permetterà che “Prova d’Orchestra” venga proiettato nel cinema prima che sul video?
“A condizioni di presentarlo così com’è in un locale piccolo, avvertendo il pubblico che si tratta di un film di 70 minuti, di qualcosa di speciale. Io non ho ancora venduto i diritti di sfruttamento cinematografici. Non voglio solleticare quelli che pensano di aver fatto, con poche lire, un grande affare. Ma, come sempre, il film viene strappato da troppe mani estranee, da troppe fauci spalancate. La cosa più sana, forse è dimenticarlo, cosa che io faccio sempre, non assistendo alle prime e non partecipando ai dibatatiti”.
– Potrà, secondo lei, avere successo il film ?
“A certe condizioni, lasciando a ciascuno la sorpresa di scoprirlo. Le proiezioni private sono pericolose, si creano entusiasmi sgangherati, disinvolti, distratti e indifferenti che poi tu pretenderesti di ritrovare in una platea che invece ha tutt’altre esigenze, cui il film arriva in modo diverso”.
L’altra sera, al San Fedele, la gente è rimasa turbata e ha preso parte al dibattito con una partecipazione insolita.
Chi è Maurizio Porro
Maurizio Porro è tra i più noti critici cinematografici e teatrali italiani. Dopo la laurea in Lettere e Filosofia all’Università degli Studi di Milano, collabora con il Piccolo Teatro di Milano, dal 1964 al 1970. Nel 1972 inizia la sua carriera di giornalista, dapprima al “Giorno”, poi, dal 1974 ad oggi, al “Corriere della Sera”. Ha insegnato, sempre alla Statale di Milano, Storia della critica dello spettacolo. Direttore di “Cultweek”, sito di cultura e spettacolo, collabora continuativamente con le più prestigiose istituzioni teatrali e cinematografiche nazionali e internazionali.
Gentleman di straordinaria simpatia, cucina un meraviglioso “Risotto alla Milanese” che faceva impazzire Fellini…ed anche la nipote Francesca !
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