La Colonna Sonora : un personaggio aggiunto *
di Guido Zangheri
La genesi della musica di “Amarcord” e la curiosa storia del vecchio musicista de “La voce della luna”.
Il successo di una colonna sonora è necessariamente legato alla simbiosi fra musica e immagini: dunque il pentagramma, al servizio della sceneggiatura, s’interseca a tal punto con i fotogrammi del film che in taluni casi è in grado di divenire una sorta di personaggio aggiunto che si fissa nella mente dello spettatore al pari di una sequenza cinematografica. È il caso delle musiche per i film di Federico Fellini, nella grande maggioranza dei casi scritte da Nino Rota. Musiche originalissime, che riflettono l’immaginario felliniano, una delle più grandi fantasmagorie che la storia del cinema abbia mai conosciuto, in nessun caso convenzionali o scontate, concepite e create in funzione di ambientazioni e contesti fortemente caratterizzati, capaci di valorizzare, sottolineare e far risaltare mirabilmente figure, personaggi, peculiarità. Allo stesso tempo le colonne sonore di Rota, musicista di solida formazione accademica, si segnalano per il loro valore intrinseco, per effetto del quale vengono presentate e proposte nei teatri e nelle sale da concerto, alla stregua di suitessinfoniche avulse dalla loro fonte d’ispirazione. Dal 1952 al 1979, anno della sua scomparsa, il compositore ha musicato tutti i film del regista, da “Lo sceicco bianco” a “Prova d’orchestra”, inaugurando un sodalizio artistico e umano senza precedenti né successori nella storia del cinema. Rota ricorda il primo incontro con Fellini per la colonna sonora dello “Lo sceicco bianco” e, in particolare, va sottolineato il fatto che lui era ampiamente già noto in Europa avendo firmato oltre 50 colonne sonore, mentre il regista era un esordiente. «Se non fossi riuscito a sostituire con musiche originali la Marcia dei gladiatori e la Titina, musiche legate al mondo del circo e a Chaplin, tanto care a Federico, probabilmente la nostra collaborazione sarebbe finita sul nascere». Evidentemente Rota riuscì perfettamente nell’intento intercettando i desideri e le richieste di Fellini: nacquero così le musiche per “Lo sceicco bianco” dove la marcetta ricorrente in quasi tutti i suoi film viene intervallata da un’ampia melodia. In seguito musicò La strada caratterizzata dalla straordinario, struggente canto della tromba, I” Vitelloni” con la sua irresistibile musica d’atmosfera introdotta dal pianoforte a cui è anche affidato il successivo stacco jazzistico, “Le notti di Cabiria” dalla languida, intensa melodia, “8 e 1⁄2”con lo schema collaudato della marcia, su cui s’innesta un motivetto cantabile che viene ripreso ed esasperato dall’accelerazione ritmica.
È però con “La dolce vita”, “Il Casanova”, “Satyricon”, “Giulietta degli spiriti” e “Prova d’orchestra” che la creatività di Rota si esplica in tutta la sua gamma creativa, in tutta la sua raffinata ricerca timbrica e in tutta la sua ricchissima tavolozza di colori orchestrali. Ne “La dolce vita”, introdotto da una sezione ritmica di fiati esuberanti, viene disegnato dalla tromba un sensuale arabesco intervallato da un melodioso clarinetto. “Il Casanova”, dall’atmosfera misteriosa, intima, dal vago sapore orientale, con un sussulto si apre uno spettacolare ripieno d’orchestra. In “Satyricon”, alla citazione iniziale di un tema “gregoriano”, si contrappone il giocoso intervento, a mo’ di cadenza, dell’oboe intervallato e ripreso dall’orchestra. In “Giulietta degli spiriti” su un’ambientazione surreale s’innesta il cantabile del flauto a cui risponde dopo una divagazione jazz, un assolo di clarinetto; segue un breve episodio dal vago saporeraveliano, contaminato da accordi dissonanti che conducono all’inevitabile marcia conclusiva. In “Prova d’orchestra”, parodia contraddistinta da una venatura di amarezza, viene inserito un grande valzer di tipo straussiano, con il vertiginoso galop finale e la sua ossessività parossistica.
Ed ecco come Rota raccontava in un’intervista la genesi della colonna sonora di “Amarcord”: «Eravamo stati tutta la giornata a cincischiare al pianoforte, ma non usciva niente. Finalmente, al momento di andar via, suono un motivo, Federico si ferma e mi dice, “questo va bene, ci facciamo tutto il film”. Un meccanismo perfetto, che si basava su indicazioni precise e al tempo stesso contraddittorie. “Magari – aggiunge – fai un motivo allegro ma che sia triste. Un motivo vecchiotto ma che sia nuovo, spensierato ma patetico”». Non era dunque certamente facile entrare nello spirito delle richieste di Fellini, ma con uno straordinario senso della sintesi, Rota ha saputo coglierlo per intero scrivendo una partitura deliziosa, particolarmente cara a tutti noi riminesi e nota ed apprezzata in tutto il mondo. Con grande maestria vi ha intrecciato cantabilità nostalgiche molto orecchiabili ed interventi decisamente ritmici, ivi compresa l’immancabile, accattivante marcetta.
Dopo la scomparsa di Rota, Fellini si è rivolto ad altri prestigiosi musicisti come Luis Bacalov e Nicola Piovani i quali, senza mai perdere di vista quello spirito magico e surreale che il cinema del grande regista sapeva esprimere, hanno musicato rispettivamente “La città delle donne”, e “Intervista”, “La voce della luna” e “Ginger e Fred”. “Ginger e Fred” ha una musica ambientata all’interno di un varietà televisivo a cui vengono invitati due anziani attori a ballare il tip tap: al clima festoso del varietà si innestano i temi che raccontano la storia dei due anziani che alla fine si allontano e si separano. La colonna sonora de “La voce della luna”, basata su un assolo suadente dell’oboe, vuole descrivere curiosamente la storia di un vecchio musicista che ha sempre suonato l’oboe in orchestra e se ne è talmente stancato, che decide di liberarsi per sempre della musica. A suo parere la musica è bugiarda perché fa molte promesse ma poi le disattende tutte: scava allora una buca nel suo orto, vi infila lo strumento e e lo ricopre con la terra. Ma appena tenta di allontanarsi avverte il suono dell’oboe che, pur sotterrato, lo insegue per fargli capire che nella vita ci si può liberare di tutto fuorché della musica.
* Articolo gentilmente concesso dalla Rivista “ARIMINUM” – Direttore Prof. Alessandro Giovanardi
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