Creatività al femminile : il design poetico di Alessandra Baldereschi
di Alessandra Valli
Il talento, declinato con la mano, gli occhi, il cuore di una donna: ne è un esempio la designer milanese diarredi e oggetti domestici Alessandra Baldereschi.
Classe 1975, formazione artistica, Master in Product Design alla Domus Academy di Milano, Baldereschi vanta nel suo curriculum anche una residenza-studio in Giappone, dove lavora su progetti in ceramica con aziende del distretto di Gifu: un’esperienza formativa e fondante per la cifra stilistica lieve e aggraziata che la caratterizza. Nel 2010 AD Spagna la nomina fra i dieci designer più interessanti della nuova generazione. Una produzione variegata, la sua, creata in collaborazione con importanti aziende italiane e straniere, che spazia dai mobili, agli oggetti, all’illuminazione, ai bijoux: nelle varie linee progettuali, legate dal fil rouge di leggerezza formale e freschezza propositiva, si affronta la lavorazione di materiali diversi. Vi si intrecciano le ispirazioni più varie, dal mondo della natura, agli oggetti della tradizione rivisitati, agli spunti tratti dall’universo culturale e artistico del nostro Paese. Solo per fare qualche esempio, citiamo le eteree collezioni per la tavola in vetro borosilicato realizzate per Ichendorf Milano; i paraventi in metallo, come quello raffigurante alberi stilizzati, per Seletti, e quello scenografico come una quinta teatrale ideato per De Castelli. O ancora i tappeti, ispirati ad artisti come Tiepolo, creati per Nodus. La dimensione quotidiana si ammanta così di delicatezza e poesia, ed è caratterizzata al tempo stesso da una grande forza espressiva. Un esempio per eccellenza di creatività al femminile.
Ci sono caratteristiche che contraddistinguono il lavoro delle donne nel mondo della decorazione, e, se sì, quali sono?
“Ci sono, anche se queste caratteristiche spiccavano maggiormente in passato. Solo una ventina di anni infatti fa le donne designer giunte in vetta erano poche, e il loro lavoro risultava facilmente riconoscibile, non solo, e non tanto per i meri dettagli ornamentali, ma per esempio per l’attenzione alle lavorazioni artigianali, per il touch più morbido, umano dei loro prodotti. Negli ultimi anni, invece, con buona pace dello stile minimalista, si è sviluppata una tendenza all’ iperdecorazione, e dunque la distinzione fra il tocco creativo maschile e femminile è più difficile da individuare. Le differenze fra i generi sono molto fluide, come si può vedere in generale in tutte le personalità ed espressioni artistiche attuali”.
C’è stato qualche vantaggio, all’inizio,e nel corso, del tuo percorso professionale, rappresentato dal fatto di essere donna? O, al contrario, qualche difficoltà?
“Agli inizi della mia carriera, proprio per i trend e le richieste del mercato di allora, era più difficile esprimere liberamente la mia personalità. Veniva richiesto un approccio stilistico piuttosto neutro, e la fantasia, a livello decorativo, ne risultava un po’ frenata. Oggi, invece, dettagli insoliti e dalla forte connotazione sono apprezzati ed è molto più facile dare spazio alle proprie ispirazioni”.
C’è qualche suggerimento che ti sentiresti di dare a ragazze che volessero intraprendere un cammino nel mondo del design?
“Nel mio studio vengono per stage e collaborazioni ragazze molto giovani e a loro suggerisco di restare fedell a se’ stesse, e anzi alimentare la propria identità e il proprio gusto, anche se all’inizio può risultare difficile. In fase lavorativa, poi, i diktat da seguire sono molteplici e naturalmente ci vuole una buona dose di grinta, per portare avanti le proprie idee e difenderle, tenendo testa alle esigenze e richieste di clienti e fornitori”.
Ci sono figure femminili che hanno ispirato il tuo lavoro?
“Certo. Nell’ambito del design penso a progettiste di fama internazionale, che si sono distinte per il tratto innovativo fin dagli inizi del loro cammino, come Patricia Urquiola. Ma anche Paola Navone, con la sua creatività dirompente. E Hella Jongerius, per il suo lato sperimentale e il suo lavoro approfondito sul colore. Apprezzo anche Nika Zupanc, che attinge, per le sue collezioni di arredamento, agli oggetti femminili per eccellenza, rivisitandoli con grazia e ironia”.
In definitiva, le donne hanno una marcia in più? e quale?
“Assolutamente si. Soprattutto nel quotidiano, e ancora una volta, ne è la dimostrazione il periodo storico che stiamo attraversando, in cui le donne, nella complessa vita di tutti i giorni, si riescono a moltiplicare con destrezza fra professione, lavoro domestico, cura dei figli”.
Il particolare momento che stiamo vivendo sta influenzando l’universo della creatività: in che direzione va la progettazione di arredi e oggetti del nostro vivere quotidiano?
“Nel’ultimo anno, in cui abbiamo vissuto prevalentemente in casa, c’è stata una grande richiesta, e dunque sviluppo, dei piccoli oggetti per la casa, linee per la tavola, complementi, vasi, che consentono, a fronte di una spesa contenuta, di rinnovare lo scenario domestico. Con Ichendorf Milano, per esempio, abbiamo lavorato molto bene, ampliando l’assortimento con nuove collezioni, e c’è stato un revival anche di quelle già in catalogo. Ottima collaborazione anche con il marchio Thun, la cui attività non ha subito battute d’arresto nonostante la chiusura dei numerosi negozi presenti sul territorio nazionale. Un altro settore che è stato favorito dal lockdown è l’outdoor, per la grande riscoperta di ogni angolo esterno, balconi, terrazzi, giardini”.
Ci puoi parlare di qualche progetto nuovissimo o in cantiere?
“Tra le ultime creazioni, c’è una linea di lampade floreali, Wild Flowers, una sorta di sculture luminose, in resina di mais, in cui ho sperimentato l’uso dei led. E ancora, una inedita collaborazione con il brand Serralunga per oggetti figurativi in plastica prodotti con la tecnica dello stampaggio rotazionale: per me una cosa del tutto inedita. Inoltre, vedranno la luce dei piatti in porcellana per Ichendorf Milano: e avranno caratteristiche molto particolari”. Stay tuned.
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