di Roberto Chiesi
L’autobiografia di Ezio Frigerio si intitola “Io sono un mago. Quasi un’autobiografia di un grande scenografo” ed è stata pubblicata da Baldini & Castoldi-La nave di Teseo, nell’inverno 2021, pochi mesi prima della sua morte, avvenuta a Lecco il 2 febbraio scorso.
In un’intervista a “Il Giorno” il 23 dicembre 2021, Frigerio ripercorreva il proprio itinerario di artista: “La storia è lunga. E inizia quando ero ancora un allievo ufficiale della marina mercantile. Non avevo molto da fare e così mi divertivo a disegnare. È stato poi il mio maestro Mario Radice ad inquadrarmi nella pittura astratta, anche se nel frattempo facevo l’illustratore per vivere, visto che non avevo una lira. Mi accorsi di essere sempre più interessato a quello che c’era dietro l’immagine, non all’azione”.
La scoperta del teatro coincise con l’incontro con Strehler: “Sedotto e spinto nella voragine del teatro, arte incredibile che ti sprofonda in un abisso per poi ributtarti nel mondo in sella a un ciclone. Pensava fossi maturo per fare il costumista e debuttai al Piccolo“.
Ma “Mi stava stretto, volevo fare lo scenografo. Dopo un paio d’anni saltai sulla mia automobilina rossa e andai a Roma, anche se a me il cinema non ha mai fatto impazzire a livello professionale. Non mi interessa cercare il posto giusto, costruire la stanzetta. Solo con gente come Scorsese, Bertolucci, Fellini la scenografia ha un ruolo diverso. Per questo ho fatto un po’ di cose ma solo tre grandi film: “Ieri, oggi, domani” di Vittorio De Sica, “Novecento” di Bernardo Bertolucci e il “Cyrano” di Jean-Paul Rappeneau. Il mio mondo era il teatro. E infatti mi telefonò Strehler” (…) “Io sono il teatro, tu sei il teatro. Devi venire da me”, mi disse. E così ci tornai, firmando 550 spettacoli. Credo di avere incarnato quel momento in cui si sono strappati i vecchi fondali di tela ed è arrivata la tridimensionalità. Un rinnovamento enorme”. Lo spettacolo cui era più legato fu “Le nozze di Figaro” al Teatro alla Scala, nato in Francia nel 1973/74, dove tutto era tremendamente tradizionale. Anche qui fu una svolta. I francesi impazzirono quando videro costruita sul palco una vera casa con quattro pareti e un soffitto. E poi il “Lohengrin” dove ho fatto muovere le colonne. Volevo che la scenografia non fosse solo un commento statico”.
Frigerio è stato un protagonista di oltre mezzo secolo della cultura italiana, dalla prosa all’opera e al cinema. Alla Scala di Milano ha realizzato trentadue produzioni (comprese alcune ospitalità come quella del “Ballet de Marseille” e “l’Arlecchino”, e la collaborazione con Franca Squarciapino per “La bella addormentata”nel 1995). Nel corso del tempo le sue produzioni sono tornate in cartellone centoventi volte per complessive 774 aperture di sipario.
Nasce a Erba (Como) il 16 luglio 1930, si trasferisce a Milano, dove si diploma a Brera nel 1948. Studia al Liceo Nautico di Savona e trascorre alcuni anni in navigazione nei mari del Sud.
Nel 1955 viene chiamato da Giorgio Strehler al Piccolo Teatro di Milano: al suo fianco firma le sue scenografie più importanti per il teatro di prosa e inizia anche a cimentarsi con quelle per il teatro d’opera: per il Teatro alla Scala realizza “Simon Boccanegra” (1971), “Falstaff” (1980), “Lohengrin” (1981) e “Don Giovanni” (1987). Ancora con Strehler cura le scenografie di “Le nozze di Figaro” (1973) per l’Opéra di Parigi, spettacolo ripreso nei principali teatri d’Europa. Alla Scala e all’Opéra di Parigi collaborerà negli anni ’70 e ’80 anche con altri registi, come Piero Faggioni, Liliana Cavani, Lluis Pasqual, Andrej Končalovskij, Graham Vick, Luca Ronconi e Gilbert Deflo. Nel 1975 debutta nel balletto con Roland Petit. Nascono così le scenografie di “Coppélia” (1975) e “Lo schiaccianoci” (1976) al Ballet de Marseille, poi “Nana” (1976) all’Opéra di Parigi.
Nel 1977 avviene l’incontro con Rudolf Nureyev, per il quale crea all’Opéra di Parigi le scene per due versioni de “Il lago dei cigni”, “La bayadère” e “La Bella addormentata”, quindi “Romeo e Giulietta” al London Festival Ballet, e al Teatro alla Scala “Il lago dei cigni” e “Romeo e Giulietta”. A Parigi, realizza ancora con Strehler, “La villeggiatura” di Goldoni e “L’illusion comique” di Corneille al Théâtre de l’Odéon. Inizia un sodalizio anche con il regista Roger Planchon, con il quale crea numerosi spettacoli, tra cui “Georges Dandin” e “Dom Juan” di Molière, “Athalie” di Racine. Un altro sodalizio significativo è quello con il regista Nicolas Joël con cui ha realizzato numerose scenografie per il Théâtre du Capitole di Tolosa, tra le quali “Carmen”, “Jenůfa” di “Janáček”, “Otello”, “Don Carlo”, “Les contes d’Hoffmann” e “La rondine”.
Negli Stati Uniti ha collaborato a spettacoli a Chicago (“Don Pasquale”, “Les contes d’Hoffmann”) e al Metropolitan di New York, dove realizza le scenografie di “Francesca da Rimini”, “Il trovatore”, “Lucia di Lammermoor” e “La rondine”.
Negli anni Sessanta Frigerio inizia anche un’attività cinematografica che sarà intensa soprattutto con Vittorio De Sica, col quale collabora per “I sequestrati di Altona” (1962), “Il boom” (1963), “Ieri, oggi, domani”(1963). Collabora poi con registi quali Mauro Bolognini (“Madamigella di Maupin”, 1966), Liliana Cavani (“I cannibali”, 1970), Volker Schlöndorff (“Le roi des aulnes”, “L’orco”, 1996), Roger Planchon, Renato Castellani, Andrej Končalovskij ma i film a cui rimase più legato furono “Novecento” (1976) di Bernardo Bertolucci, “Cyrano de Bergerac” (1990) e “Le hussard sur le toit” (L’ussaro sul tetto, 1995) di Jean-Paul Rappeneau.
Particolarmente intensa e importante la sua collaborazione con La Scala di Milano, dove debuttò nel 1955, disegnando i costumi per “Il matrimonio segreto” per l’inaugurazione della Piccola Scala. Fu prima costumista e poi scenografo, firma anche “L’angelo di fuoco” di Prokof’ev, “L’Orfeo” di Luigi Monteverdi,“Louise” di Gustave Charpentier, “Il cappello di paglia di Firenze”, “Ifigenia in Aulide”, “Otello” (7 dicembre 1959), “I Capuleti e i Montecchi”, “Simon Boccanegra” (7 dicembre 1971 e 1978), “Paradise Lost“ di Krzysztof Penderecki, “Falstaff” (7 dicembre 1980), “Le nozze di Figaro”, “Lohengrin” (7 dicembre 1981), “Les Troyens”, “Ernani” (7 dicembre 1982), “Don Giovanni” (7 dicembre 1987), “Fidelio”(nel 1990 e poi 7 dicembre 1999), “La dama di picche”, “Rigoletto”, “Gianni Schicchi”, “Manon” di Massenet, “Otello” (7 dicembre 2001), “Carmen” e “La donna del lago”.
Le sue scenografie presente nei cartelloni dei più importanti teatri d’Europa e del Mondo: Parigi, Milano, New York, Londra, Berlino, Tokyo, Madrid, Barcellona, Toulouse, Buenos Aires.
Ha ricevuto i principali premi europei per il teatro: il Molière, due volte il premio della critica francese, il premio della critica inglese, due volte il premio Abbiati in Italia e, per il cinema, il César, il premio della Comunità Europea e una nomination all’Oscar. È stato insignito di importanti onorificenze, quali la Legion d’Onor per meriti artistici e il titolo di Commandeur de l’Ordre des Arts et des Lettres in Francia, e l’Ambrogino d’Oro dalla Città di Milano.
Roberto Chiesi – BIO
Critico cinematografico e responsabile del Centro Studi – Archivio Pasolini della Cineteca di Bologna, è membro del comitato direttivo della rivista internazionale «Studi pasoliniani» e del comitato di redazione del periodico «Cineforum», inoltre è collaboratore del programma radiofonico di RAI3 “Wikiradio”. Scrive per i periodici «Segnocinema» e «Cinecritica». Ha collaborato al Dizionario Treccani del cinema e alla “Storia del cinema italiano 1970-1975”della Scuola Nazionale di Cinema. Ha curato l’edizione dvd di dieci film della collana Bergman Collection per BIM e, per le edizioni Cineteca di Bologna, de La rabbia (2008), Appunti per un’Orestiade africana (2009, dvd e libro), Fuoco! Il cinema di Gian Vittorio Baldi (2009), L’Oriente di Pasolini (2011), Accattone (2015) (con Luciano De Giusti), Il mio cinema (2015) (con Graziella Chiarcossi) e l’edizione dvd di Salò o le 120 giornate di Sodoma (2015).È autore o curatore, fra gli altri, anche dei libri Hou Hsiao-hsien (Le Mani, 2002), Jean-Luc Godard (Gremese, 2003), Pasolini, Callas e «Medea» (FMR, 2007), Il cinema noir francese (Gremese, 2015), Cristo mi chiama ma senza luce. Pier Paolo Pasolini e Il Vangelo secondo Matteo (Le Mani, 2015), «8 ½»di Federico Fellini (Gremese, 2018), Il cinema di Ingmar Bergman (Gremese, 2018). Ha collaborato ai volumi Lo scrittore al tempo di Pasolini e oggi. Tra società delle lettere e solitudine (Marsilio, 2018), TuttoFellini (Gremese, 2019), Simenon e il cinema (Marsilio, 2020), La sfinge nell’abisso: Pier Paolo Pasolini, il mito, il rito e l’antico (Universalia, 2020), Petrolio 25 anni dopo.(Bio)politica, eros e verità nell’ultimo romanzo di Pier Paolo Pasolini (Quodlibet, 2020), Gettiamo il nostro corpo nella lotta. Il giornalismo di Pier Paolo Pasolini (Marsilio, 2020), Pasolini e Sciascia, gli ultimi eretici (Marsilio, 2021) e recentemente TuttoPasolini (Gremese, 2022).
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