by Doctor Floyd
Il 21 gennaio 1977 viene pubblicato “Animals”.
Dal punto di vista narrativo è sicuramente il disco più solido e la sua schematica divisione degli umani in tre categorie di animali permette alla rabbia, al cinismo e alla violenza che permeano i brani di assumere una dimensione appropriata.
E’ un attacco in grande stile alla società classista e più in generale allo stile di vita occidentale con evidente ambiziosa ispirazione letteraria alla “Fattoria degli animali” di George Orwell.
I maiali, autoindulgenti e tirannici, rappresentano coloro che hanno sete di potere e capacità di manipolare il prossimo; sono volanti perché incombono sull’intera umanità rappresentata dalle pecore, massa incapace di pensieri e di domande. Si avvalgono dell’aiuto dei cani, fedeli amministratori dell’altrui potere e spietati arrampicatori sociali in fondo inconsapevoli del proprio ruolo nello schema generale. Le pecore infine si vendicano, rivoltandosi ai cani per poi sostituirli.
Roger Waters si inserisce tra i cani, riconoscendosi dunque un materialista in cerca di iperrealizzazione.
Sulla copertina del disco si scorge un maiale che vola sulla spettrale Centrale Elettrica Battersea di Londra: le irreali ciminiere sono emblemi del mondo moderno e rimandano ad una realtà senza vita, simili a quelle che compaiono nei quadri della pittura metafisica.
Musicalmente “Animals” segna la scomparsa definitiva dei ritmi sognanti e delle note celestiali di organo e corali che avevano caratterizzato la produzione precedente ed anche la fine della possibilità dell’ascoltatore di seguire liberamente il corso della propria immaginazione a fronte di un messaggio di testi che qui diventa specifico, diretto, quasi imposto.
Il suono di questo disco è duro e crudo. “Animals” rappresenta il trionfo dell’ “ars declamatoria” di Roger Waters che sviluppa il suo personalissimo modo di cantare, con testi più recitati che cantati; d’altro canto in tutto il disco e ancor di più negli spazi privi di testo, sono presenti la chitarra di David Gilmour che raggiunge qui picchi elevatissimi di creatività e gli effetti elettronici d’atmosfera di Richard Wright che contribuiscono notevolmente a definire l’umore generale dell’album.
“Animals” si carica di un particolare significato storico per i Pink Floyd: è il momento in cui in pratica termina la storia della band intesa come prodotto del contributo collettivo. Roger Waters, forte dello spostamento già iniziato anni prima del baricentro creativo del gruppo verso di lui, accentra nelle sue mani un potere decisionale sempre maggiore che innesca dinamiche volte a mettere progressivamente in ombra gli altri componenti.
Appropriatosi dei testi nei dischi precedenti, ora Roger Waters scrive anche quasi tutte le musiche e detronizza David Gilmour dal suo antico ruolo di voce principale del gruppo. La estenuante e tormentata tourneè successiva all’uscita del disco, con un Waters sempre più paranoico, si conclude a Montreal con il più spiacevole episodio della storia floydiana. Durante l’ultimo concerto il bassista, esasperato, sputa in faccia ad uno spettatore: in quel momento si ripromette che semmai tornerà ad esibirsi in pubblico lo farà dietro un muro.
Franco M. Lamacchia = DoctorFloyd
Il mio nome è Franco M. Lamacchia, sono nato a Milano nel 1964, ma riminese dall’età di tre anni e ho nel mio pseudonimo “Doctor Floyd”, buona parte dell’essenza della mia esistenza: l’essere un medico e un appassionato dei Pink Floyd.
Sono da sempre convinto che ci si identifichi con i doveri e con le passioni e quindi accanto alla mia professione di medico che esercito ormai da 30 anni, coltivo diversi interessi come lo sci, il tennis, il cinema, i viaggi, ma di certo quello che più di tutti ho approfondito e sento mio è quello per la musica della band inglese.
Iniziò tutto in una fredda mattina del dicembre del 1979, allorquando, quindicenne, mi stavo recando a piedi al mio amato Liceo e da un bar sentii provenire una canzone che mi entrò subito in testa: si trattava di “Another Brick In The Wall”.
Quel giorno mi segnò per sempre e nel giro di un paio d’anni riuscii a ripercorrere a ritroso l’intera storia del gruppo arrivando ad ascoltare l’intera discografia fino ai primi dischi con Syd Barrett datati 1967.
La mia vita da “floydiano” è poi andata avanti, e continua tutt’ora, rincorrendo concerti, eventi e pubblicazioni inerenti il mondo dei Pink Floyd, raggiungendo il suo momento più emozionante il giorno in cui, a gennaio 2018, ebbi l’opportunità di rivolgere alcune domande a due membri della band in una conferenza stampa a Roma, un ricordo incancellabile per sempre.
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