di Anna Amendolagine
Con l’invenzione della bicicletta, secondo Alberto Fiorin, nel mondo dei trasporti è avvenuta una vera rivoluzione copernicana. Intanto si introducono i due concetti nuovissimi di libertà e velocità. Infatti, rispetto al passato, la bici permette sia di muoversi in piena autonomia che di spostarsi tanto celermente come nessun altro mezzo allora consentiva, neppure il treno. Solo il successivo avvento dell’automobile le farà concorrenza.
Poi il mondo della bicicletta investe diversi settori della società dell’epoca: l’industria, l’economia, il turismo, l’emancipazione femminile e, non ultimo, lo sviluppo della stampa sportiva che affianca le grandi gare ciclistiche. Scrive Alberto Fiorin:
“Sono decenni di fermenti, di invenzioni, di innovazioni: l’industria della produzione della bicicletta diverrà il volano di tutta l’industria meccanica leggera e le sue principali componenti meccaniche (in primis i cuscinetti a sfera, la catena di trasmissione, la demoltiplica) vennero applicate successivamente ad altre invenzioni come l’automobile, la motocicletta, la macchina da scrivere e la macchina da cucire”.
Nel frattempo la popolarità del mezzo e la sua diffusione continuano a crescere. E questo fatto si rivela un vero toccasana per l’economia. Alla produzione da parte di aziende locali va aggiunta l’apertura di negozi in città, dove si trovano biciclette, accessori e gomme di tutte le misure. Come pure servizi di riparazione, noleggio, cambi e vendita di biciclette usate, nazionali ed estere.
Si può senz’altro affermare che il turismo moderno sia nato attorno agli anni Ottanta del XIX secolo. Oltre ad andare al lavoro, la bicicletta serviva anche da divago. Ora permetteva di esplorare il territorio in modo capillare e soprattutto individuale. Nel 1894 nacque il Touring Club Ciclistico Italiano. Oggi il turismo su due ruote non solo è popolarissimo ma si ammanta anche del tema della sostenibilità ambientale.
E’ sulla strada che si forgiano gli eroi del ciclismo sportivo. In Italia, dopo una fase pioneristica, si data al 1870 la prima gara ufficiale. Sport, storia e patrimonio della nazione, il Giro d’Italia, nato nel 1909, non ha mai conosciuto interruzioni salvo che nei periodi delle 2 guerre mondiali. Durante la corsa a tappe, si sono sfidati grandi campioni in leggendari duelli: Bartali e Coppi, Gimondi e Merckx.
Ma la dimensione sportiva del ciclismo al femminile tardava a entrare nella cultura del nostro Paese. Se la bicicletta è stata un veicolo importante per l’emancipazione e l’autonomia delle persone nella società italiana del tempo, figuriamoci quale ruolo può aver giocato in favore delle donne. Lo spiega bene Antonella Stelitano:
“Una donna che va in bicicletta dimostra non solo di poter fare a meno di un uomo per muoversi, ma anche di saper manovrare un mezzo meccanico. Elemento questo non trascurabile, considerando che la guida in generale era cosa da uomini. Ma un altro elemento si dimostrò rivoluzionario: la necessità di dotarsi di un abbigliamento più «razionale» e comodo, libero dalle lunghe e pesanti gonne, da pizzi e bustini. Comparvero i primi pantaloni. Uno scandalo”.
La storia della bicicletta è legata alla città di Treviso, pionera del ciclismo che, a fine ‘800, costruisce un velodromo per offrire le prime gare europee di ciclismo. Addirittura, nel 1911, organizza una gara per signorine! Come in altre zone d’Italia, anche Treviso è testimone della pericolosità di questo mezzo. Le cronache locali danno conto di numerosi incidenti per le strade e in gara.
Da fine Ottocento la fiorente industria della bicicletta affidava spesso la propria comunicazione ai nomi più noti dell’ illustrazione pubblicitaria dell’epoca, che dovevano presentare il prodotto al pubblico. E se attraverso i manifesti pubblicitari si può raccontare la storia della bicicletta, il giornalista sportivo e scrittore italiano Gianni Brera diceva che: “Traverso le viti di una bicicletta si può anche scrivere la storia d’Italia”.
E un esempio pratico di questa affermazione è arrivato con la mostra RUOTA A RUOTA. Storie di biciclette, manifesti e campioni, a cura di Elisabetta Pasqualin. Da un’idea di Chiara Matteazzi con la consulenza storica di Antonella Stelitano. Allestita a Treviso nella sede della Chiesa di S. Margherita, parte del Museo Nazionale Collezione Salce, dal 26 maggio al 30 ottobre 2022.
Non è un caso se l’inaugurazione dell’esposizione, promossa dalla Direzione regionale Musei Veneto e diretta da Daniela Ferrara, è coincisa con l’arrivo a Treviso della 18ma tappa del Giro d’Italia, la Borgo Valsugana – Treviso.
Si tratta di una mostra di magnifici manifesti d’epoca che, mettendo l’accento sulla bicicletta, sulla sua storia e sul suo significato, racconta la vera dimensione di uno sport su due ruote che fa parte anche della storia del nostro Paese. Come constata la direttrice del Salce Elisabetta Pasqualin:
“In mostra, oltre alle bici Pinarello che hanno fatto la storia del ciclismo degli ultimi cinquant’anni, i manifesti di passate edizioni del Giro, e di altre competizioni, ma anche affiches storiche che rinviano alla nascita della bicicletta, quando non era uno strumento sportivo ma uno potentissimo volano di promozione sociale”.
Dal punto di vista dell’immagine questi manifesti non perdono lo smalto perché veicolano una carica simbolica e di significato che continua a impressionare e a rimanere nello sguardo del pubblico e dei visitatori.
Sono opere rappresentative dell’arte della grafica con le loro linee dinamiche e le grandi campiture di colore. E’ interessante vedere esempi straordinari di modernità unica perché è alta la qualità della concezione grafica che sta dietro alle immagini.
Per quanto riguarda l’immagine della donna in bicicletta occorre dire che sulla cartellonistica dell’epoca si evidenzia un duplice aspetto. Da un lato si vedono donne bellissime, composte e vestite in maniera elegante. Dall’altro ci sono donne che si presentano in abiti succinti – possibilmente inseguite da fauni – o comunque scandalosi per l’epoca. Segno che era difficile da sradicare l’immagine che una donna in bicicletta fosse moralmente inaccettabile. Per questo bisognerà aspettare la fine della seconda guerra mondiale.
Mostra importante per la nostra storia culturale e sociale italiana ed estremamente di attualità. Il ciclismo è diventato ormai parte delle nostre vite. Non va declinato solo in chiave agonistica e sportiva ma anche come momento sociale di aggregazione ed educazione irrinunciabile Salite, sudore, fatica e sacrificio sono grandi lezioni di vita. Ivan Basso, ex ciclista su strada italiano e professionista dal 1999 al 2015, commenta:
“La bicicletta insegna cos’è la fatica, cosa significa salire e scendere non solo dalle montagne , ma anche nelle fortune e nei dispiaceri, insegna a vivere. Il ciclismo è un lungo viaggio alla ricerca di sé stessi”.
BIO Pop di Anna Amendolagine
Curatore indipendente, critico e giornalista vive e lavora tra Roma e Rimini. Ama stare a contatto con la natura, andare in bicicletta e portare il cane a spasso. Colore preferito il verde. La sua squadra del cuore è quella che gioca col cuore. Pratica estensivamente sia lo Yoga che la Dolce Vita.
La sua attività curatoriale comprende l’ideazione e la realizzazione di mostre, testi e cataloghi d’arte, rassegne ed eventi culturali in collaborazione con Istituzioni pubbliche e private sia in Italia che all’estero. La sua è una dieta a base di pittura, scultura, fotografia, video, istallazioni, performance. Va matta per la street-art.
Membro della giuria o del Comitato Scientifico in diversi concorsi artistici.
Giornalista pubblicista e Addetto ufficio stampa ha pubblicato numerosi articoli di arte e cultura su riviste cartacee e online.
Tifa per l’Europa e ha ricoperto il ruolo di Coordinatore Tecnico Europeo per due importanti progetti culturali dell’Unione Europea : PETRA e LEONARDO.
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